Come ogni mercoledì ospitiamo Notizie dal futuro, la rubrica di Paola Pisano, professore associato di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Torino e già Ministro dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione. Un viaggio attorno al mondo su tecnologia, intelligenza artificiale ed ecosistemi hi-tech
Notizie attorno al mondo, con l’innovazione come denominatore comune. Sono quelle raccolte tutti i mercoledì sui profili social di Paola Pisano, tra questi LinkedIn e Instagram, nel tentativo di comprendere dove ci porterà la tecnologia e qual è il suo ruolo nella vita di istituzioni, aziende e semplici cittadini.
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Amazon con Prime Video, FreeVee e Twitch attira circa 220 milioni di spettatori al mese. Oltre ad acquistare i prodotti che vediamo nelle serie Prime su Amazon e-commerce, possiamo riascoltare la colonna sonora su Amazon Music o leggere informazioni sulla sua produzione su imdb.com. Quest’anno Amazon investirà 12 miliardi di dollari in contenuti in streaming. La strategia sembrerebbe chiara: aumentare il valore del pacchetto Prime e contemporaneamente gli acquisti sul sito di e-commerce.
E se Amazon volesse replicare il suo approccio all’e-commerce anche nello streaming e la strategia fosse diversa? Mentre gli spettatori che usano Netflix o Disney+ vedono solo gli spettacoli di queste piattaforme, quelli che aprono Prime Video hanno i contenuti di una serie di altri streamer. Se un cliente si abbona a uno di questi servizi tramite Prime, o acquista o noleggia uno spettacolo, Amazon si prende una parte, stimata tra il 20% e il 50% dell’incasso. Anche quando uno spettatore guarda un canale gratuito tramite Prime, Amazon ha diritto ad una parte di introiti pubblicitari. Il modello streaming coincide con il modello e-commerce di Amazon.
Si chiama Dojo ed è un microchip sviluppato internamente da Tesla. Dojo risponde al problema di migliorare l’hardware, ancora molto indietro rispetto al software e sostenere sistemi di addestramento dell’intelligenza artificiale. In questo caso Dojo sarà un microchip specializzato ossia che affronta meglio dei microchip generalisti l’attività per cui è costruito: elaborare grandi quantità di dati che derivano dall’utilizzo della guida autonoma. Dojo dovrebbe essere più efficiente rispetto ai microchip generalisti in termini di consumo e di latenza. Le aziende tech stanno davvero entrando nell’industria dei microchip? Google, Amazon, Microsoft e Meta hanno annunciato i loro progetti sui microchip non più generalisti ma specifici per i progetti core delle aziende. Attori come Nvidia sono difficili da eliminare dal mercato perché hanno esperienza e un alto volume da investire in ricerca e sviluppo. In questo momento player come Tesla potrebbero non pensare di entrare in un nuovo settore ma semplicemente risolvere un problema della loro attività. Cosa che potrebbe portare a una frammentazione del settore dei microchip in tante nicchie diverse a seconda delle esigenze delle Big Tech.
Il modello di business delle piattaforme di streaming musicale è semplice. Gli abbonati pagano una quota al mese per ascoltare musica online. Gli artisti beneficiano di una royalty calcolata in base alla loro quota di ascolto. Ogni stramer famoso, professionista, reale o robot, viene conteggiato nello stesso modo. Il sistema può essere aggirato dalla tecnologia (senza neanche disturbare l’intelligenza artificiale). Se programmassimo di ascoltare a ripetizione il nostro brano caricato su Spotify 24 su 24 riceveremmo 1200 dollari al mese di royalties. L’accordo tra Universal Music e Deezer sta cambiando il modello di business del settore passando dalla schiavitù dell’algoritmo alla centralità degli artisti professionisti? L’accordo tra Universal con Deezer (player francese) garantirà migliori royalty per lo streaming degli artisti professionisti – ossia coloro che attirano almeno 1.000 ascolti al mese. Deezer è un piccolo operatore del settore musicale, ma sarà utile a testare questo modello. I giganti della tecnologia hanno preso il controllo della distribuzione, ma le case discografiche sono riuscite a mantenere la loro presa sugli artisti.
Project Bluebird è un progetto inglese da 15 milioni di sterline per controllare il traffico aereo grazie all’intelligenza artificiale ed è frutto di una collaborazione tra la National Air Traffic Services (NATS), l’Alan Turing Institute, l’università di Exeter ed è finanziato dal governo britannico. Le ragioni che hanno portato al coinvolgimento dell’intelligenza artificiale riguardano la definizione di rotte più efficienti per ridurre l’impatto ambientale dell’aviazione, oltre a ritardi e congestioni in aeroporti trafficati. Ma c’è anche una ragione di mancanza di figure professionali come i controllori di volo la cui formazione richiede almeno tre anni. L’intelligenza artificiale potrà rendere i nostri voli più sicuri, prevedendo i possibili eventi inaspettati? In tutti i sistemi di controllo del traffico aereo del mondo tutte le decisioni sono prese da persone. Il sistema inglese di gestione del traffico si è guastato durante un weekend festivo causando ritardi e soppressioni di tratte. Mentre l’Autorità per l’aviazione civile ha avviato un’indagine per capire cosa sia andato storto e le compagnie aeree stanno chiedendo un risarcimento alla NATS, ci si domanda se l’AI avrebbe potuto evitarlo.