Privacy weekly | Il guest post di Guido Scorza, avvocato e componente del Collegio del Garante per la Protezione dei dati personali. Un viaggio intorno al mondo su tutela della privacy e digitale
L’ignoranza ci rende fragili, manipolabili, strumentalizzabili sui mercati e in ogni altro aspetto della nostra vita. Questo è vero sempre e diventa ancora più vero quando si dispone di strumenti straordinariamente potenti come i social network, strumenti capaci di dettare la dieta mediatica globale e, per questa via, di innescare processi di manipolazione di massa della coscienza collettiva. E se ci fermiamo solo per un attimo a pensare che viviamo nella società dei dati ma, con poche eccezioni, sappiamo poco o pochissimo del valore dei dati e, in particolare, di quelli personali che seminiamo dappertutto online e cediamo in cambio di servizi che valgono poche decine di euro all’anno non è difficile capire quanto la situazione sia grave e quanto dovrebbe preoccupare tutti, nessuno escluso, soggetti pubblici e privati. Inutile, poi, negare che si tratta di una situazione più grave in alcune zone del Paese che in altre: di dati, di privacy, di digitale in generale si parla molto di più da Roma in su e nelle grandi città che al sud e nei piccoli centri. D’altra parte è uni scenario tratteggiato bene nel rapporto Cohesion in Europe towards 2050, secondo il quale tra le cause della stagnazione economica del Sud Italia, vi è la scarsità di competenze digitali che impedisce la diffusione consapevole dell’innovazione. È uno stato di cose diventato insostenibile del quale, tra gli altri, iniziano a approfittarsi anche le mafie come, lunedì, nel corso dell’edizione 2023 di State of Privacy, promossa dal Garante e dalle Università di Roma Tre e Firenze, ha raccontato benissimo il Prof. Marcello Ravveduto nel presentare il rapporto Le Mafie nell’era digitale che ha curato per la Fondazione Magna Grecia. La carenza di competenze digitali nel Mezzogiorno è un fattore critico che contribuisce al proliferare delle attività mafiose anche sui social network.
Un aspetto cruciale dell’adattamento delle mafie all’era digitale è rappresentato, infatti, dall’uso crescente dei social media come strumento di reclutamento e propaganda. Le organizzazioni criminali hanno imparato a sfruttare la visibilità e l’accessibilità offerte dalle piattaforme social per promuovere la propria immagine e attirare nuovi membri. Educare al digitale, educare al valore dei dati, educare alla logica algoritmica o, anche, semplicemente raccontare cosa c’è dietro il funzionamento di app, servizi, piattaforme che ci hanno conquistato con la loro semplicità e usabilità, quindi, è il miglior antidoto del quale disponiamo per contenere ogni genere di deriva digitale pericolosa e consentire a tutti, nessuno escluso, di cogliere le straordinarie opportunità che le stesse piattaforme, gli stessi servizi, le stesse app ci offrono. Ed è proprio muovendo da questa convinzione che nel corso dello stesso evento – State of Privacy ’23 – il Garante per la protezione dei dati personali ha lanciato il “Privacy Tour“. Chi ha aderito –Polizia postale, Università Roma Tre, Ferrovie dello Stato Italiane, Fondazione Magna Grecia, Fondazione Telefono Azzurro, iliad Italia, Digital Angels, @LawLab (Luiss), Società Editrice Sud – Gazzetta del Sud – Giornale di Sicilia, Google Italia, Huawei Italia, Meta, Microsoft, Mondadori, Kaspersky, Sky Italia, TikTok, Yoox, Rai Radiotelevisione italiana – e chi aderirà si impegna a organizzare, nel corso del 2024, un evento di info-intrattenimento per raccontare il mondo dei dati, quello degli algoritmi e del digitale, in una qualsiasi località del sud Italia o in un piccolo centro, ovunque in Italia. Educazione e consapevolezza digitali sono condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per garantirci un futuro migliore del passato e lungo la strada per acquisirle, non si può lasciare indietro nessuno. Non resta che rimboccarci le maniche per giocare e vincere questa straordinaria sfida.
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