Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, 4books presenta ai lettori di StartupItalia la nuova serie podcast prodotta in collaborazione con la nostra community Unstoppable Women. E regala a tutti voi cinque episodi
Oggi, sabato 25 novembre, è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Un’occasione importante per riflettere e non smettere di fare le propria parte, opponendosi alla cultura dell’odio. Per l’occasione la nuova serie podcast di 4books “Storie di donne” mette a disposizione gratuitamente i suoi primi episodi. Dar voce alla contemporaneità nella sua interezza, raccontando le vite e le esperienze di alcune personalità che incarnano il nostro tempo. Questo è l’obiettivo dell’iniziativa prodotta da 4books in collaborazione con la community Unstoppable Women di StartupItalia. Venti episodi coinvolgenti e discorsivi permettono a chi ascolta di immergersi nelle storie di successo delle protagoniste, approfondendo le loro vicende, passioni e punti di vista. E magari di crescere e imparare dalle loro esperienze. In fondo a questo articolo pubblichiamo tre biografie che possono senz’altro essere di ispirazione.
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“Storie di donne” racconta, appunto, di donne che si sono conquistate un posto a propria misura nel mondo, che hanno sfidato le norme sociali, che hanno superato le sfide con coraggio, intraprendenza e determinazione. Negli ambiti più diversi: dall’attivismo politico all’eccellenza nello sport, dalla moda all’imprenditoria, dalla scienza alla finanza. Ne esce un mosaico straordinariamente attuale sulla realizzazione al femminile, senza pregiudizio.
Tra le protagoniste spiccano volti noti come Serena Williams, tennista fuoriclasse che è stata per anni la numero uno al mondo, e Malala Yousafzai, la più giovane vincitrice del Premio Nobel per la pace, nota per il suo impegno per l’affermazione dei diritti civili e per il diritto all’istruzione. Ci sono poi l’astronauta Samantha Cristoforetti, l’influencer e imprenditrice Chiara Ferragni, la supermodella Bianca Balti e Clelia Tosi, leader nel settore fintech in Italia. Trovano spazio anche molte altre storie, di nomi meno noti ma non per questo meno interessanti, da Maria Sole Caputo, la prima arbitro donna in Serie A, a Serena Melani, la prima comandante donna di una grande nave.
Fra gli esempi più carismatici di leadership, c’è il ritratto di Megan Rapinoe, icona del calcio femminile, riconosciuta e apprezzata non solo per l’eccellente tecnica sportiva. La storia di Megan racconta l’evoluzione da timida adolescente ad atleta eccezionale e combattente in prima linea contro le discriminazioni di genere, il razzismo e l’omofobia, anche a rischio della propria carriera. Fra le prime uscite ci saranno anche le storie dell’amatissima youtuber Clio Zammatteo, fondatrice del brand ClioMakeUp, di Donatella Sciuto, primo rettore donna del Politecnico di Milano, e della giovane Linda Raimondo, fisica, divulgatrice scientifica e aspirante astronauta.
Donatella Sciuto
Un antico proverbio arabo dice: «Non arrenderti mai perché potresti farlo un’ora prima del miracolo». Donatella Sciuto lo sa bene. In un’intervista ricorda come il suo primo anno di ingegneria sia stato per lei un mezzo disastro. Si studiava solo fisica e matematica, due materie di cui non era particolarmente innamorata. Aveva scelto la facoltà di ingegneria non per passione, come tanti suoi compagni, ma per curiosità. Le piaceva l’idea di imparare «come funzionano le cose». E durante l’ultimo anno di liceo, ingegneria le era sembrata la scelta più coerente per soddisfare questo suo irrefrenabile desiderio. Figlia di un ingegnere, grazie a suo padre aveva imparato la manualità. Insieme, passavano il tempo a inventare oggetti e poi a costruirli. Le cose cambiano radicalmente durante il secondo anno di università. La giovane inizia a lavorare in laboratorio con un gruppo di compagni che saldavano chip e scrivevano programmi.
È così che è iniziata la sua avventura con l’elettronica e l’informatica. Ma non solo. Donatella impara anche una cosa fondamentale per la vita e la professione: il valore della collaborazione e del confronto. Impara presto anche a gestire il fallimento. Fallire non è un dramma. Anzi, da un fallimento si può imparare molto di più che da un successo. Non arrendersi mai, diventa il suo motto. Questo è anche il consiglio che Donatella si sente di dare agli studenti e alle studentesse della sua università: crescere nel confronto, lavorare sodo, non rinunciare mai a quello in cui si crede e avere come compagni di viaggio determinazione e impegno. Donatella Sciuto oggi è alla guida di uno dei più prestigiosi istituti universitari scientifici e tecnologici europei. Simbolo della città di Milano e della ricerca italiana. Ed è la prima volta dalla sua fondazione che a guidare il Politecnico di Milano c’è una donna.
Megan Rapinoe
«Grazie, ma no grazie. Non andrò alla Casa Bianca». Così dichiara lapidaria in un’intervista la co-capitana della nazionale statunitense Megan Rapinoe. È il 2019 e la nazionale degli Stati Uniti è entrata nei quarti di finale del campionato mondiale di calcio femminile battendo la Spagna per 2 a 1. In caso di vittoria della Coppa del Mondo, Megan sa che molto probabilmente Donald Trump inviterà tutta la squadra alla Casa Bianca. Ma lei, Trump, non lo vuole proprio incontrare, tantomeno stringergli la mano. Audace, sfrontata, talentuosa. Megan è tra le stelle più splendenti di questa nazionale.
Insieme alle sue compagne, quattro anni prima aveva vinto i Mondiali in Canada, e nel 2012 le Olimpiadi di Londra. Megan, però, è nota al grande pubblico anche per essere una che non le manda a dire. Attivista per i diritti LGBTQ+, non ci pensa due volte a mettersi in prima linea contro le discriminazioni di genere, il razzismo e l’omofobia. “Megan non dovrebbe mai mancare di rispetto al nostro Paese, alla Casa Bianca o alla nostra bandiera” replica Donald Trump con un tweet. “Sono un grande fan della squadra statunitense e del calcio femminile, ma Megan dovrebbe vincere prima di parlare! Finisci il tuo lavoro!” Com’era prevedibile, Trump non l’ha presa bene. Ma a lei poco importa.
Malala Yousafzai
«Pensavano che quel proiettile ci avrebbe fatto tacere, ma hanno fallito. E da quel silenzio sono nate migliaia di voci». Davanti a lei ci sono quattrocento giovani provenienti da oltre cento paesi diversi. È il 12 luglio 2013 e le Nazioni Unite celebrano il Malala Day, un evento organizzato durante la United Nations Youth Assembly per chiedere ai leader mondiali di garantire un’istruzione gratuita e obbligatoria per ogni bambina e bambino, in ogni parte del mondo. Perché l’educazione, lo sa bene Malala Yousafzai, è l’unica soluzione per combattere le disuguaglianze. All’incontro partecipano anche Vuk Jeremić, presidente dell’Assemblea generale, Ahmad Alhendawi, inviato del Segretario generale per i giovani e l’ex primo ministro del Regno Unito, Gordon Brown, in qualità di inviato delle Nazioni Unite per l’istruzione globale. Malala quel giorno compie 16 anni, ma quando prende la parola è chiaro a tutti che quello che questa ragazza ha vissuto fino a quel momento va ben oltre la sua giovane età.
Il 9 ottobre del 2012 un gruppo di talebani ha fermato lo scuolabus su cui Malala si trovava insieme ad altri studenti e studentesse di ritorno da scuola. Era una giornata come un’altra a Mingora, una cittadina nella valle dello Swat, in Pakistan. L’aria era appiccicosa per il gran caldo. Malala sedeva tra altre due ragazze, sul lato sinistro del veicolo. Un uomo, con addosso un copricapo tradizionale e un fazzoletto che copriva naso e bocca, sale sullo scuolabus e chiede chi è Malala. Poi lo sparo. Tre colpi, uno dietro l’altro. E il buio. Malala non ricorda quasi nulla di quegli istanti: la disperata corsa all’ospedale di Peshawar, l’intervento chirurgico d’urgenza, la speranza di una vita appesa a un filo, il trasferimento a Birmingham, in Inghilterra.