Secondo top-di-gamma del produttore cinese a sbarcare in Italia. Migliora tutto: soprattutto la fotocamera, che ora monta lenti ZEISS
L’esordio del 2020 era stato di ottimo livello: per essere un primo flagship, l’X51 dello scorso anno ci aveva sorpreso in positivo. Ora Vivo ci riprova: l’X60 Pro di quest’anno è uno smartphone che segue la scia del suo predecessore, che cerca di irrobustire i punti forti e limare qualche difetto. In più ci mette un marchio prestigioso, ZEISS, diventato partner per lo sviluppo del comparto fotocamera: che da ora in avanti potrà godere di una iniezione di sapienza tedesca per le lenti e pure l’elaborazione dell’immagine, in quello che a sentire le due parti sarà una collaborazione di lunga durata. Servirà a fare la differenza con una concorrenza sempre più agguerrita, servirà a far fare un salto di qualità alla fama del marchio qui da noi: vediamo se però, oltre al marchio blasonato, c’è anche un telefono di sostanza da provare.
Meglio di prima
La costruzione del Vivo X60 Pro è leggermente superiore a quella del suo predecessore: non che l’X51 fosse fatto male, tutt’altro, ma si percepisce e si tocca con mano un progresso ulteriore che mette questo smartphone praticamente alla pari con la concorrenza più quotata. Resta quel neo della mancanza di certificazione per l’impermeabilità, ma non si può avere tutto dalla vita: manca anche la ricarica wireless, mentre nella confezione c’è un adeguato caricabatterie da 33W. La scelta di Vivo è anche tutta votata alla leggerezza: l’X60 è sottile, si impugna comodamente con i bordi dello schermo leggermente curvi e le cornici ridottissime, monta una batteria dalla capienza adeguata ma appena inferiore alla media della categoria.
Sul posteriore non ci sono sorprese particolari, tranne una: Vivo ha deciso che il modello europeo dell’X60 non ha bisogno della fotocamera zoom a periscopio, tutto sommato una rinuncia accettabile visto che per quanto si impegni non può certo fare miracoli in questo senso uno smartphone, dunque lo schema delle fotocamere si limita a uno schema triplo con 48+13+13 megapixel. Sulle doti della fotocamera torneremo dopo, ma c’è un altro aspetto che fa un certo effetto: la scritta ZEISS Vario-Tessar incisa sul blocco sporgente, accanto al doppio flash LED, con una focale equivalente 16-50 f/1.48-2.5. In alto si nota il sensore principale, quello montato nel sistema di stabilizzazione che Vivo chiama Gimbal (aggiornato alla versione 2.0) che consente di migliorare in modo significativo la qualità della ripresa quando si è in movimento come nel caso delle riprese video mentre camminiamo.
Il lavoro di ZEISS non si limita, stando a quanto dichiarano le due aziende, nell’apposizione di un bollino sullo smartphone: la collaborazione tra le due aziende è più profonda, con tanto di costituzione di un gruppo di sviluppo congiunto delle tecnologie che troveremo nelle prossime generazioni di smartphone. Nel frattempo c’è tutto quanto riguarda le lenti piazzate sulla fotocamera posteriore e un contributo da parte della ZEISS sull’elaborazione dei segnali raccolti dai sensori: il che si traduce in immagini, come vedremo, differenti per quanto attiene colori e nitidezza.
Lo schermo è anch’esso nuovo: un AMOLED da 120Hz di refresh, risoluzione FHD+ (2376×1080) con diagonale da 6,56 pollici. Più che i dati di targa, conta soprattutto ciò che ha fatto Vivo per sfruttarlo: la fluidità dell’interfaccia e la reattività dello smartphone sono davvero notevoli, tra i migliori visti in circolazione, e il supporto per l’HDR rende molto gradevole anche la visione dei video. Sotto il display c’è un lettore di impronte, rapido e preciso, mentre in alto c’è la selfie-camera da 32 megapixel. Meno bene l’audio: soltanto mono, è abbastanza potente e tutto sommato bilanciato ma è un passo indietro rispetto alla rese stereo di altri concorrenti.
In viaggio con l’X60 Pro
Passiamo in rassegna la scheda tecnica dello smartphone: Qualcomm Snapdragon 870, 12GB di RAM LPDDR5 (con la possibilità a mezzo software di aggiungerne 3 dalla memoria storage) e 256GB di archivio su protocollo UFS 3.1 (niente microSD), pieno supporto al 5G e al Wi-Fi 6, batteria da 4.200mAh per 177 grammi di peso (in realtà sono una manciata in più nella finitura shimmer blue: questione di vernici). Niente di eclatante, ma davvero niente male: è uno smartphone equilibrato e messo alla prova su strada la combinazione tra processore e batteria rende piuttosto bene. Siamo lontani dai record di alcuni concorrenti cinesi, ma con un po’ di attenzione e magari attivando il risparmio energetico si riesce a portare a termine una giornata lontano dalla presa anche stressando un po’ il telefono.
Quanto sperimentato con l’X60 in tasca è comunque senza dubbio prima di ogni altra cosa un’esperienza fotografica: il sensore principale non è l’ultimissimo modello, parliamo di un Sony IMX598 da 48 megapixel (lo stesso dello scorso anno), ma la stabilizzazione gimbal e la luminosa lente montata restituiscono scatti molto belli in tutte le condizioni di luce. Senza contare che ci sono le specifiche modalità di scatto studiate con ZEISS: per i ritratti con lo sfondo sfocato, per le foto notturne (davvero suggestive), ma anche semplicemente una resa cromatica davvero interessante. Bene anche i video, fino a 4K 60fps e con la possibilità di regolare l’intensità della stabilizzazione, con una resa in stile cinematografico che farà felice chi si diverte a girare cortometraggi con il cellulare.
Va detto che forse a volte l’elaborazione del processore di immagine è fin troppo aggressiva, tende a esaltare un po’ troppo la nitidezza, ma la resa è decisamente gradevole: e lo stesso vale, pur con limiti differenti per la diagonale e la qualità della lente, con le lenti da 13 megapixel del grandangolo e dello zoom, che sono tutto meno che estreme ma non sono messe lì semplicemente a far numero (anzi il grandangolo si attiva in automatico per le macro). Nel complesso la fotocamera dell’X60 Pro non è stata caricata di numeroni dal marketing: però Vivo ha ribadito che con questo smartphone si possono scattare delle gran belle foto, che la tecnologia che c’è sotto il cofano è solo quella che serve a farlo e quindi soddisfare appieno le aspettative dell’acquirente, ed è esattamente ciò che questo smartphone fa.
Resta molto, molto essenziale l’interfaccia: l’unica parte che è veramente stata sfruttata al massimo è l’always-on-display (AOD), che può essere personalizzato ma non mostra notifiche per tutte le app. Fa qualche timido passo in avanti FuntouchOS, ma siamo ancora poco più in là di una stock (parliamo di Android 11 ovviamente). Il che può essere un vantaggio per alcuni, uno svantaggio per altri: manca di personalità la grafica di FuntouchOS, è funzionale (per esempio c’è un quick toogle per il 5G o un sistema di cattura schermata migliorato) ma anonima. Di buono c’è senz’altro che non grava in modo evidente sui consumi, dunque contribuisce a garantire che l’autonomia resti buona. Soprattutto, Vivo è riuscita a sfruttare al massimo lo schermo da 120Hz: la fluidità delle animazioni durante l’uso rende l’esperienza piacevole, e le performance del processore e della memoria sono tali da restituire l’idea di un telefono di fascia alta.
Un sequel vincente
Lo scorso anno ci chiedevamo che tipo di percorso avesse in testa Vivo che era appena sbarcata in Europa: a distanza di qualche mese possiamo dire che l’azienda cinese ha deciso di fare le cose con calma e metodo, costruendo gradualmente un’offerta strutturata ma senza voler inondare subito i potenziali clienti di un catalogo in cui alcuni smartphone si distinguono quasi soltanto dal nome sulla scatola. In più la visibilità ottenuta grazie agli Europei di calcio, durante cui il logo era praticamente onnipresente in ogni inquadratura dello stadio, ha fatto sì che il pubblico iniziasse a prendere confidenza con questo nome nuovo anche per dargli un’opportunità nel prossimo giro di acquisti.
Con l’X60 Pro ecco che Vivo mette in campo un prodotto intrigante sotto il profilo dell’offerta di fascia alta: il prezzo di listino è fissato a 799 euro, sotto i flagship altrui ma comunque decisamente sostenuto. Ci sono in giro un paio di offerte che permettono di strappare uno sconto di un centinaio d’euro, ma il prezzo resta comunque quasi quello di lancio. Vediamo cosa c’è sul piatto: buone performance del processore, buona autonomia, belle fotografie e buoni video. È un prodotto che è logica evoluzione del modello precedente, ma che non stupisce con effetti speciali: forse la collocazione in quella fascia di prezzo è un po’ forzata, ma se il prezzo su strada calasse un po’ il mix si farebbe decisamente intrigante.
Nella confezione troverete tutto, dalla cover rigida (e non in PVC) alle cuffie, dall’adattatore USB-C per il jack audio alle cuffie auricolari: da questo punto di vista è più di quanto faccia ormai in media la concorrenza, ma anche questa fascia di mercato si sta facendo sempre più combattuta. Dalla sua Vivo può contare su quel tipo di soluzioni tecniche uniche come il Gimbal 2.0 che le permettono di distinguersi dal resto del gruppo: vorremmo vedere qualcosa di più sull’interfaccia per rendere l’offerta il più possibile completa, ma già così siamo davanti a un prodotto che potrebbe soddisfare qualsiasi utente. La filosofia costruttiva di Vivo è sempre più evidente: realizzare e offrire al pubblico europeo prodotti equilibrati che vantino un ottimo rapporto prezzo prestazioni, senza fughe in avanti, tutti sostanza. Basterà a scalare il mercato?