Il progetto dello shuttle autonomo sembra destinato a non vedere mai la luce
Se il futuro dell’automotive pare avere la strada tracciata, in direzione di motorizzazioni elettriche e di vetturine che si guidano da sé, questo non vuol dire che alle tante startup che hanno iniziato ad affollare la carreggiata non possa capitare qualche incidente di percorso. Nessuno, però, si aspettava che ad andare a sbattere, chiudendo anzitempo la sua corsa, fosse la startup statunitense Local Motors, che si era fatta conoscere per il curioso veicolo Olli, curioso connubio tra una caddy car e un taxi elettrico.
Soltanto pochi mesi fa, il ceo della realtà ubicata in quel di Chandler, in Arizona, Vikrant Aggarwal aveva annunciato una produzione su larga scala di un Olli 2.0, così da informare media e investitori che il progetto, benché frenato dal Covid, era ancora vivo.
La notizia della cessazione delle attività via LinkedIn
Al momento il sito ufficiale della startup non è riporta la notizia della chiusura, che è stata invece comunicata via LinkedIn. “Sono scoraggiato nell’annunciare che Local Motors cesserà di esistere a partire dal 14 gennaio”, ha scritto Chris Stoner, ex vicepresidente delle vendite. “Sono stato lì solo pochi mesi, ma ne ho amato ogni minuto. Mi sono fatto degli ottimi amici, sia a livello locale che globale, il che ne vale la pena. Quello dei veicoli autonomi è un entusiasmante mercato emergente con molte opportunità. Vivendo in prima persona l’abilità e la dedizione delle persone con cui ho lavorato, non ho dubbi che gli AV (come Olli) siano il futuro dei trasporti”.
Che cos’era Olli
Nelle intenzioni della startup di Vikrant Aggarwal, Gustavo Fortmann (CTO) e Rob Coleman (CMSCO) che aveva anche un italiano, Carlo Iacovini, come general manager per l’Europa, Olli non era certo un veicolo destinato a coprire grandi distanze, quanto più un mezzo a impatto zero adatto agli spostamenti a breve raggio all’interno di campus universitari, ospedali e basi militari. Lo sviluppo era ormai partito parecchio tempo fa, nel 2016 e le vetture erano state parzialmente realizzate con la stampa 3D. Pareva dovesse perfino partire un progetto pilota in Canada, ma a quanto pare la pandemia prima e la crisi dei semiconduttori poi hanno costretto la startup ad abbassare per sempre le saracinesche delle proprie officine.