Una delle più note e recenti è Altos Labs, sostenuta da importanti nomi come Jeff Bezos, Yuri Milner, e Shin’ya Yamanaka, premio Nobel per la Medicina nel 2012. E se al momento ringiovanire il nostro corpo è ancora fantascienza, qualche piccolo obiettivo potrebbe essere perseguibile
Quello dell’eterna giovinezza è forse il sogno più ambito di sempre, un mito che gli esseri umani perseguono da secoli e a cui – a quanto pare – non accennano a rinunciare. Certo cambiano i tempi e anziché cercare il Sacro Graal l’obiettivo oggi è scovare un sistema che permetta alle nostre cellule di tornare giovani. O almeno questo è lo scopo di Altos Labs, una delle tante startup che stanno sorgendo in California sostenuta però da molti fra i più noti nomi del momento. A iniziare da Jeff Bezos e Yuri Milner, il miliardario che ha fatto parte della sua fortuna con Facebook e Mail.ru, per finire con scienziati del calibro di Shin’ya Yamanaka, premio Nobel per la Medicina nel 2012 per i suoi studi sulla riprogrammazione cellulare, che sarà parte della startup della Silicon Valley pur senza essere pagato e guiderà lo scientific advisory board di Altos. Oltre a lui nella squadra saranno coinvolti Juan Carlos Izpisua Belmonte che ha previsto che l’arco di vita umano può essere allungato di 50 anni. Steve Horvath, professore di Ucla e sviluppatore dell’”orologio biologico” che può misurare in modo accurato l’invecchiamento. Il tutto per inseguire una tecnologia per la riprogrammazione biologica per ringiovanire le cellule in laboratorio.
Usare l’epigenetica per riprogrammare le cellule
“La company non ha rilasciato molte informazioni su cosa ha in mente di fare, ma credo che l’idea sia utilizzare l’epigenetica per riprogrammare le cellule che sono vecchie o che non funzionano più bene e ringiovanirle” spiega Valter Longo, professore di biogerontologia e Direttore dell’Istituto sulla Longevità a USC (University of Southern California) – Davis School of Gerontology di Los Angeles. “In particolare l’idea è di orchestrare quei fattori che regolano l’espressione genica e che sono in grado di riattivare geni non più attivi e/o bloccare geni che sono attivi e non dovrebbero esserlo”. Disfunzioni che si verificano con l’invecchiamento e che il team di Altos Labs mira a rinvertire. Un obiettivo forse raggiungibile per un gruppo di cellule specifico (per esempio i cardiomiociti del cuore o gli epatociti del fegato), più complicato quando si parla dell’intero organismo come precisa Longo: “Il problema è far ringiovanire tutte le cellule del corpo in modo coordinato, senza effetti collaterali, come per esempio l’insorgenza di cellule tumorali. Probabilmente in futuro sarà più facile ottenere e usare un cuore artificiale” aggiunge il biogerontologo che in Italia dirige il programma di ricerca di Longevità e Cancro presso l’Istituto di Oncologia Molecolare IFOM di Milano.
Un’esplosione di startup
Fantascienza insomma, ma neanche troppo. Nei prossimi dieci-trenta anni infatti qualcosa potrebbe cambiare davvero secondo Longo. Sia per la velocità del movimento della bioingegneria che porterà forse in un tempo neanche tanto lontano a sostituire un arto o un organo non funzionante con un sostituto artificiale (che in parte già si fa). Sia per il perfezionamento di tecniche come la nutrizione, ampiamente studiata dal team di Longo, che permette di avviare i processi di riparazione intrinseci della cellula per farla ringiovanire. D’altra parte le startup attive in questo campo non si contano nemmeno più, soprattutto in California, vera e propria patria della longevità. Un’altra ben nota società è Calico, fondata nel 2013 a San Francisco, da Google e Arthur D. Levinson con l’obiettivo di combattere l’invecchiamento e le patologie correlate. Anche gli investimenti sono aumentati notevolmente nell’ultimo decennio e di conseguenza le conoscenze e ricerche nel settore.
Le cellule senescenti
Non è un caso che qualche anno fa i National institutes of health (Nih) abbiano creato un dipartimento dedicato alla ricerca sull’invecchiamento, con l’assunto che sia il fattore comune alla base di malattie come l’Alzheimer, il cancro e il diabete le malattie cardiovascolari (per cui “curando” l’invecchiamento, si potrebbe arrivare a una terapia universale per tutte queste malattie). In aumento anche gli scienziati attivi nel campo. Per citarne una, Judith Campisi biogerontologa del Buck Institute for Research on Aging, ampiamente conosciuta per le sue ricerche su come le cellule senescenti influenzano l’invecchiamento e il cancro. Si tratta di cellule vecchie, non più in grado di svolgere la propria azione né di autoeliminarsi, che restano nell’organismo causando infiammazione e innescando altre patologie. Gli scienziati le definiscono anche cellule “zombie” perché possono danneggiare le cellule vicine trasformando anch’esse in senescenti e diffondendo l’infiammazione in tutto il corpo. Proprio le cellule senescenti sono il target di alcune nuove molecole che mirano ad eliminarle o evitare che le cellule diventino senescenti.
Obiettivi realizzabili (e meno)
“L’idea di Altos Labs è riprogrammare il corpo umano per vivere fino a 300 anni – aggiunge Longo – e questo sarà difficile. Ma credo che riparare un organo danneggiato sia un obiettivo più realistico, forse già entro un decennio”. D’altra parte del team fa parte Yamanaka ben noto per essere riuscito a riprogrammare cellule specializzate – come quelle della pelle o del fegato – facendole tornare “bambine” in uno stato in cui possono ancora diventare qualsiasi cellula del corpo umano. “Yamanaka ha lavorato a questa ricerca con l’idea di partire da una cellula somatica e trasformarla in una cellula staminale o embrionica e poi riprodurre l’organo di un paziente che così non verrà rigettato” racconta Longo. “Questa era l’idea di partenza che sarà anche un obiettivo della compagnia probabilmente. Difficile invece sfruttare la tecnica per ringiovanire tutto il corpo senza effetti collaterali né a breve né a lungo termine. Soprattutto considerando che si avrebbe a che fare con persone sane”.
L’indicatore di longevità
Intanto i tasselli del puzzle della longevità continuano a sommarsi e uno degli ultimi l’ha messo il team di Longo individuando una sorta di indicatore della longevità. “È anche uno degli obiettivi di Altos – commenta Longo – perché come si fa a misurare se e di quanto ringiovaniscono le persone?”. Di recente il ricercatore italiano e il suo gruppo hanno pubblicato un lavoro in cui dimostrano che un determinato range dell’IGF-1 (Insulin-like growth factors 1, una proteina coinvolta in molteplici funzioni tra cui la stimolazione della proliferazione cellulare), pari a 120–160 ng/ml – è associato a una minor mortalità e dovrebbe essere mantenuto tale se vogliamo vivere a lungo e in buona salute. “Avere valori dell’IGF-1 entro questi parametri è l’ideale” conclude il biogerontologo. “Se sono troppo alti si può correggere con alimentazione, se troppo bassi potrebbe esserci qualcosa che non sta funzionando bene nell’organismo, come un’infiammazione sistemica”. Il test è veloce, economico e potrebbe farlo qualunque medico nel proprio ambulatorio. E se per adesso sono ancora pochi quelli attenti all’invecchiamento fra qualche anno potrebbe magari prescriverlo come un banale controllo della glicemia o del colesterolo.