Come previsto, il Presidente scende a patti. Ci sarebbero stati più danni per gli Stati Uniti che per la Cina col bando per Huawei
Non è tutto rientrato, ma quasi: a margine del G20 tenutosi a Osaka, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il suo omologo cinese Xi Jinping hanno trovato un accordo che fa tirare un sospiro di sollievo a Huawei e alle altre aziende cinesi che presto o tardi si sarebbero potute trovare nella stessa situazione. È un accordo completamente economico, a dimostrazione del fatto che non c’è mai stato un rischio concreto per la sicurezza nazionale degli USA, anche se i rappresentati ufficiali di Washington si sono affrettati a precisare che rimarranno delle restrizioni da rispettare. In ogni caso, d’ora in avanti la lucrosa attività di produzione e vendita degli smartphone Huawei potrà riprendere come se nulla fosse successo.
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Cosa dice l’accordo
Entrare nello specifico delle condizioni contenute nell’accordo stipulato da Cina e USA è impossibile, i termini restano riservati: qualche cifra la mette a disposizione il Wall Street Journal, che sottolinea come fino all’altro giorno a Pechino fosse chiesto un dazio di circa il 25 per cento su circa 300 miliardi di dollari di beni esportati, tariffa che pare sia stata cancellata o ampiamente ridimensionata in cambio dell’impegno nell’acquisto di prodotti agricoli made in USA. Se la faccenda vi sembra familiare è perché Trump aveva fatto riferimento a questa eventualità in una delle sue ultime uscite riguardo Huawei: è sempre stato questo il suo obiettivo, probabilmente, e Huawei altro non è stata che un danno collaterale nella guerra commerciale in atto.
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Il WSJ parla esplicitamente di “cessate il fuoco” tra le due super-potenze, che ora avvieranno un negoziato più ampio che prevederà altri accordi di questo tipo che si allargheranno ad altri settori industriali. Quel che è più significativo per noi è che Huawei, sebbene tenuta fuori dal negoziato, ha ricevuto ora il via libera per acquistare beni da aziende statunitensi: quindi di fatto non ci saranno conseguenze per le licenze Android, ARM, e tutto quanto è a oggi indispensabile per rendere uno smartphone funzionale e al passo coi tempi.
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Tuttavia, come detto, ci sono ancora delle limitazioni da osservare: le restrizioni sui prodotti “ampiamente disponibili” vengono rimosse, mediante concessioni di licenze puntuali per la singola linea di prodotto, mentre Huawei per ora rimane iscritta in quella “entity list” che la qualifica come soggetto a rischio per la sicurezza nazionale. Ciò significa che rimaranno in vigore gli embargo per alcuni prodotti “sensibili”: ci potrebbe quindi ancora essere qualche conseguenza per le reti 5G, ma visto come sta andando il negoziato è facile pronosticare che anche in questo caso si troverà una soluzione che accontenti tutti.
Perché Trump è sceso a patti
Non è mai stata, davvero, una questione di sicurezza: il timore che attraverso i dispositivi Huawei gli Stati Uniti possano essere spiati è fin qui infondato, non c’è mai stato alcun segnale in tal senso e in ogni caso gli USA dispongono dei servizi di spionaggio e controspionaggio più finanziati del mondo. La questione è sempre stata, lo ribadiamo ancora una volta, economica: tra i due Stati è in corso una disputa commerciale, tra dazi e tariffe doganali, con la spinta verso la chiusura degli USA e all’apertura della Cina (e viceversa), ciascuno con le proprie carte da giocare.
Senz’altro gli USA sono un mercato importante per la tecnologia, sia per la vendita che per la fornitura di componenti e software. La Cina è un mercato enorme per numero di consumatori, che fa gola a tutti, e in più dispone di materie prime importanti come le terre rare – indispensabili per i semiconduttori e l’elettronica in generale. Più in generale, poi, ormai l’intero scenario tecnologico è un complesso incrocio di brevetti concessi il licenza a vicenda: senza Huawei, così come senza tutti gli altri grandi marchi (Ericsson, Nokia, Intel ecc), è impossibile costruire un’infrastruttura di nuova generazione per le telecomunicazioni. Se venisse a mancare Huawei, o uno degli altri grandi player, ci sarebbe per tutti un problema nell’implementazione del 5G.
Lasciando Huawei ancora iscritta nella entity list, Trump si è tenuto uno spazio di manovra e si è garantito di non perdere la faccia. Ha mostrato i muscoli e ottenuto in cambio l’impegno cinese ad acquistare parecchi miliardi in beni alimentari prodotti dall’agricoltura a stelle e strisce. Ma filtra, dalle indiscrezioni, l’insoddisfazione delle aziende che fanno affari consistenti con la Cina e che nelle scorse settimane si erano fatte sentire con la Casa Bianca: è anche per questo che questa situazione si è avviata verso una soluzione, e se anche non è stata scritta la parola fine è senz’altro possibile dire che sta andando tutto come previsto. Ci sono affari da fare e soldi da guadagnare, era impensabile che gli USA non rivedessero la propria posizione se davvero vogliono fare l’interesse naizionale. Ciò non esclude che, in ogni caso, Huawei proseguirà nel suo piano di creazione di un’alternativa ad Android: le risorse per portare avanti in parallelo lo sviluppo di Hongmeng OS non mancano, e a questo punto tanto vale finire quanto iniziato.