«La maggior parte delle persone entra quando il prezzo è alto, ma il momento più sicuro e redditizio per comprare è quando il prezzo è basso. Non è scienza missilistica. Dunque, investi un pezzo del tuo stipendio da McDonald’s in Bitcoin». Il tono non è da capo di Stato, ma il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, ci ha ormai abituati a un modo di fare decisamente poco istituzionale (quello che avete appena letto è una parte di un suo tweet) e non ha neppure paura di confondersi tra i milioni di crypto enthusiast che in queste ore non stanno dando troppo credito a quanto si legge sulla stampa tradizionale. Un veloce riepilogo: dopo un 2021 in cui Bitcoin ha performato raggiungendo il suo nuovo all time high (il valore più alto di sempre) a oltre 68mila dollari, il 2022 si è aperto con un calo del prezzo. Nelle ultime ore se ne continua a parlare perché la criptovaluta più famosa di tutte sta perdendo terreno, anche sulla scia delle notizie che arrivano dalla Russia, dove Putin starebbe pianificando di bandire mining e trading delle crypto.
Mentre scriviamo Bitcoin è a poco più di 32mila dollari e i giornali hanno già parlato di «missione fallita» riferendosi all’obiettivo 100mila dollari, di cui si è discusso nei mesi scorsi quando era dato per imminente un nuovo traguardo storico per la criptovaluta. Lo scorso anno aveva fatto notizia la scelta di milioni di utenti Twitter di modificare la propria immagine profilo inserendo gli occhi laser per sostenere la corsa di Bitcoin fino ai 100mila dollari. Sogni svaniti? Non stando ai soggetti che più conoscono questo ambito della finanza, su cui sempre più attori istituzionali stanno investendo.
In ordine sparso. Micheal Saylor è l’amministratore delegato di Microstrategy, un’azienda che pare abbia investito tutta la propria tesoreria in Bitcoin. Uno dei suoi ultimi tweet è eloquente sull’approccio dell’ecosistema: «Se hai intenzione di investire in Bitcoin, un orizzonte temporale breve è quattro anni, un orizzonte temporale medio è dieci anni, e l’orizzonte temporale giusto è per sempre».
Proseguiamo con l’opinione in merito di un altro personaggio (meglio di due gemelli): stiamo parlando di Tyler e Cameron Winkelvoss. Sembrano passati secoli dalle battaglie legali con Mark Zuckerberg, da loro accusato di avergli rubato l’idea di Facebook. Oggi i Winkelvoss guidano Gemini, un exchange di crypto che ha raccolto 400 milioni di dollari lo scorso anno. «Se non hai investito in #Bitcoin perché l’hai “perso” a $35k non fare lo stesso errore due volte», ha postato Cameron.
Su Twitter, il social preferito dai crypto enthusiast, non si contano gli attacchi (spesso a suon di meme) alla stampa tradizionale da parte di miner, sviluppatori, investitori di Bitcoin o semplicemente esperti. A dimostrazione ancora dell’incomunicabilità tra i due mondi. Il 2021 per Bitcoin si era chiuso con performance al di sopra delle aspettative, soprattutto perché il ban delle crypto e del mining voluto da Pechino avrebbe potuto assestare un colpo all’ecosistema (le mining farm erano soprattutto in Cina). Così non è stato: una massiccia migrazione di queste strutture negli Stati Uniti ha permesso a Bitcoin di reagire.
L’obiettivo 100mila dollari di cui parla spesso la stampa non sarebbe neanche quello auspicato dagli investitori. Lo sguardo è difatti sul lungo, lunghissimo periodo. A differenza delle altcoin (o delle shit coin), Bitcoin si è già da tempo configurato come il nuovo oro digitale. Resta ora da capire come, soprattutto in Occidente, i legislatori e i regolatori vorranno interagire con questo mercato non tradizionale. Negli Stati Uniti pare che il dibattito stia procedendo, con il capo della Fed, Jerome Powell, che ha dichiarato a dicembre di non considerare Bitcoin una minaccia per la stabilità finanziaria.