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La domanda mondiale di carne è in aumento, ma al contempo i consumatori sono sempre più attenti al benessere degli animali. La tecnologia può coniugare produttività e sostenibilità degli allenamenti? Ecco il nostro viaggio in stalla
Il consumo di carne a livello mondiale è in crescita e lo sarà anche nei i prossimi anni. In media ogni statunitense mangia circa 100 chilogrammi di carne in un anno, mentre un europeo poco più di 60 (l’Africa si ferma a 10). Ma con l’aumentare dei redditi medi a livello globale, chi oggi consuma poca carne in futuro ne mangerà di più.
La conseguenza è che la pressione sull’ambiente esercitata dagli allevamenti aumenterà sia per quanto riguarda le emissioni di gas serra, sia in relazione alla qualità delle acque e allo sfruttamento delle terre coltivabili. Ma c’è un altro tema che pesa come un macigno sul settore: il benessere animale.
Oggi i consumatori, soprattutto quelli più giovani che vivono nei Paesi occidentali, stanno spingendo molto sul tema della qualità della vita degli animali destinati al macello. E se molti ormai optano per le proteine alternative come conseguenza di una scelta etica ed ambientale, molti altri non vogliono rinunciare alla bistecca, ma pretendono che la mucca (o il maiale) abbia una vita serena fino al momento del macello.
Sostenibilità e benessere animale, la strada dell’innovazione
Ma coniugare produttività, sostenibilità ambientale e benessere animale non è affatto semplice. La strada obbligata per risolvere questa equazione è sicuramente l’innovazione. Innovazione a livello genetico ad esempio, ma anche di tecnologie applicate alla stalla.
“La selezione di vacche sempre più produttive ha permesso di passare da una produzione di 7-8 litri di latte al giorno nel Dopoguerra, ad una di circa 30 in un moderno allevamento”, ci racconta Luigi Bertocchi, veterinario del Centro di referenza nazionale per il benessere animale. “Una moderna vacca da latte è come una Ferrari: riesce a produrre molto latte, lo può fare senza conseguenze sulla salute o sulla qualità del prodotto, ma è anche delicata e ha bisogno di particolari attenzioni, ambienti ottimali e un’alimentazione studiata fin nei minimi particolari”.
La dieta della vacca come quella di un atleta
Se dovessimo fare un paragone, la gestione della quotidianità di una bovina in un moderno allevamento è controllata nei minimi particolari, così come la dieta viene studiata e programmata come quella di un atleta professionista. Il veterinario o il nutrizionista prescrivono le condizioni necessarie e le razioni idonee ad ogni tipologia di animale, secondo le necessità. Ai giovani vitelli verranno dati alimenti in quantità e modalità specifiche, lo stesso vale per le bovine adulte in relazione al loro potenziale produttivo.
E se una parte della razione è rappresentata da mangimi acquistati sul mercato, l’altra è invece prodotta dalle aziende agricole stesse. Il mais è ad esempio la coltura principe degli allevamenti e la prima fonte di energia per le vacche.
“Le mucche sono incredibilmente efficienti nel trasformare grassi, proteine e carboidrati di origine vegetale nell’alimento latte, che è caratterizzato da nutrienti di elevatissima qualità e digeribilità per l’uomo“, sottolinea Bertocchi.
Come l’atleta mangia cibi di qualità per produrre al meglio, così anche la vacca ha bisogno del miglior mais per essere efficiente. Ad esempio Syngenta, uno dei principali gruppi dell’agribusiness a livello globale, fornisce diversi servizi e prodotti a chi coltiva mais.
Ad esempio ha studiato nuove varietà di mais che sono caratterizzate da una fibra altamente digeribile da parte dei bovini. Questo permette di rendere il processo digestivo più agevole e di estrarre il massimo del valore energetico dalla fibra.
Ma anche il digitale gioca la sua parte. Ad esempio analizzando la tipologia di terreno la piattaforma Cropwise di Syngenta permette di identificare il migliore ibrido da seminare e la giusta densità di semina. Mentre grazie alle immagini satellitari si può tenere sotto controllo lo stato di salute delle piante. In questo modo, a parità di terreno coltivato, si produce di più.
Inoltre specifici sensori, denominati NIR, montati sulle trince (le macchine che triturano le piante) permettono di conoscere i principali parametri qualitativi del mais. In questo modo si sa che cosa si raccoglie e che cosa viene dato alle mucche.
Piccoli allevamenti con vacche al pascolo o strutture industriali?
La produttività della mucca si deve coniugare però anche con il suo benessere e nell’immaginario comune non c’è niente di meglio che vedere animali al pascolo, magari su verdeggianti prati alpini. “Tuttavia si tratta di una pratica poco sostenibile in quanto la superficie di terreno necessaria ad alimentare una vacca al pascolo è molto superiore rispetto a quella necessaria ad un animale in stalla”, sottolinea Bertocchi. In altre parole se tutte le vacche del Globo brucassero l’erba servirebbe aumentare enormemente la superficie a loro dedicata. Opzione naturalmente impraticabile, a meno di non ridurre il consumo di carne.
Per favorire il benessere animale alcune stalle hanno installato delle spazzole che coccolano le vacche – Foto di Aritha da Pixabay
Le stalle sono dunque l’opzione preferibile, ma perché siano produttive e sostenibili occorre che ci sia attenzione al benessere degli animali. “Una vacca che sta bene è una vacca produttiva. Se invece l’animale vive in un ambiente non idoneo, stressante, è più soggetta a contrarre patologie e può ammalarsi con più facilità e quindi produrre di meno. Su questo fronte le mucche devono essere accudite con la massima attenzione, se l’ambiente in cui vivono non è adeguato possono anche aumentare le infezioni mammarie, i problemi podalici o dell’apparato digerente”, sottolinea Bertocchi.
Quale benessere animale?
Che cosa si intende dunque per benessere animale? “La vacca sta bene quando l’ambiente in cui vive soddisfa tutti i suoi bisogni primari. Questo significa avere cibo in abbondanza, essere muta quando ne sente il bisogno, avere i propri spazi in cui potersi muovere, riposare e un tetto per ripararsi dalle intemperie”, sottolinea Bertocchi. “Maggiore è la qualità dell’ambiente stalla, maggiore è la serenità della vacca, più alta sarà la sua produttività”.
In questo frangente la tecnologia sta giocando un ruolo sempre più centrale nel rendere le stalle degli ambienti confortevoli per la vita degli animali. Ad esempio oggi ci sono dei sistemi di raffrescamento che sfruttano vapore acqueo e grandi ventilatori che si accendono automaticamente quando la colonnina di mercurio supera certi livelli. Questo perché il caldo estivo in Pianura Padana dà fastidio alle mucche.
Nelle aziende più moderne poi, ogni animale è dotato di diversi sensori: uno al piede, uno al collo e persino (talvolta) uno nello stomaco. I sensori raccolgono informazioni sui movimenti delle vacca, sull’alimentazione, sulla presenza di tosse, nonché sulle caratteristiche dell’apparato digerente. Tutti questi dati vengono elaborati da software che permettono all’agricoltore di conoscere lo stato di salute di ogni singolo capo in modo da poter intervenire in maniera precoce e mirata quando un capo non sta bene.
Una vacca in attesa di entrare in un robot di mungitura – Foto di Fran Dekkers da Pixabay
Una startup che lavora sul benessere animale è ad esempio Cynomys, che ha come obiettivo quello di migliorare la produttività e la sostenibilità degli allevamenti, monitorando diversi parametri ambientali come ad esempio la qualità dell’aria. L’urina e le feci degli animali rilasciano infatti sostanze tossiche, come i vapori di ammoniaca, che sono dannosi sia per gli agricoltori che per gli animali stessi.
“Noi installiamo all’interno delle stalle dei sensori in grado di monitorare la concentrazione di metano, ammoniaca, ozono, monossido di carbonio e tanto altro”, ci spiega Fabiana Surace, cofondatrice di Cynomys. “Quando il sistema rileva la presenza eccessiva di gas dannosi avverte l’agricoltore che in questo modo può intervenire, ad esempio avviando l’impianto di ventilazione”.
Un altro elemento cruciale per il benessere animale riguarda la mungitura. Di solito le mucche vengono munte due volte al giorno dall’allevatore. Questo però non tiene in considerazione le differenze tra gli animali. Ci potrebbero essere infatti vacche che sentono il bisogno di essere munte con più frequenza. I robot di mungitura servono proprio questo: sono strutture all’interno della stalla in cui la vacca entra liberamente e viene muta da un braccio robotico. In questo modo è l’animale stesso che va a farsi mungere quando ne sente la necessità.
E mentre è all’interno del robot, diversi device possono registrare i parametri vitali. Connecterra è una startup olandese che ha messo a punto dei sensori e un modello di analisi basato sull’IA in grado di valutare lo stato di salute degli zoccoli, organi molto delicati. Mentre la conta delle cellule somatiche all’interno del latte (fatta in automatico dal robot) è un segnale d’allarme per quanto riguarda l’insorgenza di mastiti, le infezioni alla mammella.
Quale futuro per le stalle?
Alcuni pensano che in futuro la maggioranza delle persone si nutrirà di proteine vegetali, rendendo gli allevamenti obsoleti. Altri ritengono che saranno rimpiazzati da impianti industriali in cui la carne crescerà in vitro. Per altri ancora la bistecca sarà un lusso solamente per pochi, mentre la maggioranza delle persone si nutrirà di alternative vegetali o sintetiche.
Quale che sia il futuro la certezza è che per rispondere oggi alle sfide che abbiamo davanti l’innovazione è cruciale. Perché come ha dimostrato la storia recente, la tecnologia ha il grande potere di aumentare la produttività degli allevamenti e al contempo garantire agli animali quel benessere che per il consumatore è sempre più importante.