E’ riuscito a portare a Roma Mark Zuckerberg, ha aperto una nuova sede di Enlabs, e il suo gruppo è ritenuto tra i più attivi venture d’Europa. Un ottimo 2016 per Luigi Capello, che però come Dettori lo definisce un anno «di transizione». La previsione per il 2017? Boom di investimenti dei business angels (grazie alle detrazioni del 30% in vigore dal primo gennaio prossimo)
“Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, recita il vecchio motto. E quando a settembre Mark Zuckerberg ha fatto il suo viaggio in Italia è venuto a incontrare 2 persone: una è Papa Francesco, l’altra è Luigi Capello. Un’operazione, quella di portare il papà di Facebook a Roma, che da sola potrebbe valere la cifra da dare al 2016 della galassia LVenture (e del suo acceleratore di startup, Enlabs).
Ma oltre allo show ci sono anche i numeri, importanti, nel 2016 del gruppo guidato da Capello: oltre 8 milioni di investimenti, con le exit (ultima, comunicata a ridosso di Natale, quella di Netlex), con il censimento da parte di Kpmg e CB Insight, secondo cui LVenture è tra i principali operatori di venture capital in Europa. E, non ultima, l’apertura della nuova sede di Enlabs, sempre alla stazione Termini di Roma, ma con spazi molto più ampi.
E ancora tanti e importanti sono gli obiettivi che il Ceo di LVenture non vuole mancare nel 2017. Lo abbiamo intervistato (disclaimer: come per Dettori e altri amici, anche a Capello diamo del tu).
“Un anno di transizione”
Gigi, com’è stato il 2016 delle startup italiane?
«Un ottimo anno, potrei definirlo di transizione, ma certamente un anno molto positivo».
Perché di transizione?
«Perché, oltre agli investimenti che sono per lo più raddoppiato è stato l’anno del varo delle nuove misure, soprattutto gli incentivi come la detrazione del 30% per chi investe in startup. Che però entreranno in vigore dal primo gennaio 2017. Infatti anche noi i round li chiuderemo con il nuovo anno. Sì, soprattutto per i business angels il 2017 sarà l’anno degli investimenti».
E il fatto che nel 2016 siano raddoppiati gli investimenti in startup è una buona notizia, o non basta?
E’ una buona notizia, ma perché prima era peggio. Siamo ancora agli albori. La Spagna fa un miliardo di investimenti. Quindi quando parliamo di 200 milioni ricordiamoci che siamo sempre a un quinto della Spagna. Qui ci vuole proprio un’attenzione da parte di tutti gli investitori ad accelerare questo processo. Giusto per capirci: abbiamo visto che purtroppo Twitter ha chiuso in Italia, anche se andava bene, fatturava. Ecco, questo è un po’ un simbolo, che ci dice che rispetto ad altri Paesi europei forse andiamo più piano».
Gli incentivi faranno crescere l’ecosistema
Cos’è cambiato di più, non solo a livello di mercato ma anche a livello di “sensibilità” nei confronti dei temi dell’innovazione, rispetto agli scorsi anni?
«Secondo me la sensibilità delle corporate verso l’innovazione. Sì, diciamo che “the winner is” le corporate. E’ stato il loro anno, l’innovazione è diventata una priorità a tutti gli effetti, intesa anche come trovare nuovi modelli di business. C’è una grande sensibilità e mi auguro per il futuro che questo trend continui a crescere».
Qualche suggerimento?
«Sappiamo che se una startup viene acquisita da una corporate può ammortizzare le perdite. Dare un vantaggio fiscale sull’acquisizione potrebbe essere un’idea. Ad esempio, se un’azienda fa ricerca e sviluppo internamente porta tutto in conto economico, se invece fa l’acquisizione di una startup no. In questo momento non c’è questo livello “culturale”. Per “accelerarlo” se dai l’agevolazione è un processo che come tutte le cose inizia a crescere. Se avessimo aspettato che la cultura degli angels si sviluppasse senza gli incentivi fiscali…»
Quando ha portato Zuckerberg a Roma
Parliamo di Zuckerberg. Siete riusciti a far arrivare a Roma un peso massimo della digital economy. Una visita che sembrava quasi quella di un Capo di Stato…
«Sicuramente è stata una grandissima visibilità per l’Università (la Luiss, ndr) per le startup che hanno parlato con lui direttamente. Parlare con un signore che effettivamente forse conta più di un Capo di Stato, e parlare dei problemi per cercare di dare una mano all’ecosistema delle startup… non è cosa da poco».
Ora che sono passati diversi mesi, ci dai qualche insight che non sappiamo?
«Delle cose di cui posso parlare, sì. Se devo evidenziare qualcosa quello che ha fatto impressione è stata la comunicazione dell’evento, e la semplicità con cui il Ceo di Facebook ha approcciato le startup. Alcune di queste startup per quel che so io continuano ad avere dei contatti. Devo dire che in questo stiamo cercando di far incontrare a studenti e startup molti big della Silicon Valley…»
Agganciare il Cfo di Apple, fatto.
A esempio?
«Posso dirti che è venuto anche Luca Maestri (il Cfo di Apple, ndr). In particolare con l’Università stiamo provando a portare a Roma dei founders di primo livello. Nel 2017 speriamo di avere, tra gli altri, anche il Ceo di Airbnb».
Ma diciamocelo francamente, servono questi eventi?
«Certo che servono, perché ricordiamo sempre che quando arrivano i big alla fine portano con loro i manager. Insomma, sicuramente c’è parecchia comunicazione e “immagine”, ma poi noi dobbiamo essere bravi, come cerchiamo di fare, a intercettare chi si occupa davvero del business. Te lo assicuro: non accontentiamo della stretta di mano».
Gli asset dell’innovazione in Italia
In cosa, a tuo avviso, l’innovazione italiana può ancora fare la differenza?
«Noi siamo posizionati nel mondo del digitale che è enorme. Parliamo di industrie digitali di altissima tecnologia, cybersecurity, big data, intelligenza artificiale, realtà virtuale. Prima il digitale era un po’ più un concetto che in molti riconducevano eCommerce e social. Oggi la grande sfida è quella dell’Industria 4.0, riuscire a gestire bene la trasformazione digitale dell’industria manifatturiera, anche perché abbiamo tutti gli strumenti e soprattutto il know how per farlo».
A proposito di know how, in molti parlano della cosiddetta “disoccupazione tecnologica”. Davvero i computer ci toglieranno il lavoro?
«La tecnologia crea e cerca sempre nuove competenze in un tempo ristrettissimo per cui la formazione digitale è il tema dei temi. E’ vero che probabilmente il 40% dei ragazzi è disoccupato, ma nella tecnologia c’è il problema inverso: troppi pochi cervelli. Le aziende oggi cercano ingegneri, data scientist… insomma la tecnologia quello che toglie dà. E anche abbondantemente».
2017 anno dei business angels
Ci sono dei trend, o anche degli appuntamenti in agenda che l’ecosistema dell’innovazione italiano non può mancare nel 2017?
«In prima posizione, emi auguro poi di confermarlo il prossimo anno, gli investimenti. Risorse finanziarie più importanti nel mondo venture. Poi a livello di corporate, in termini di open innovation ci saranno sicuramente delle acquisizioni importanti di startup. Sulla legislazione penso che si può migliorare, ma in questo momento ci sono le basi. Ci sono i 200 milioni di Cassa Depositi e Prestiti, ad esempio, e poi stanno spingendo anche le casse di previdenza, come l’Inail, a fare investimenti di venture capital. E poi credo che ancora più che i Vc il 2017 può essere l’anno dei business angels. Noi con Angel Partners Group siamo arrivati a oltre 50. Il prossimo anno sfioreremo quasi 100. Nelle nostre startup (quelle del portfolio LVenture, ndr) quest’anno sono stati investiti 8 milioni, dei quali circa 2 milioni e qualcosa noi, poco meno di 2 gli angels. I business angels rappresentano un tassello fondamentale per l’ecosistema, e con gli incentivi agli investimenti dal 2017 lo diverranno sempre di più. Vedrete».
Aldo V. Pecora
@aldopecora