Secondo i dati dell’Osservatorio Smart AgriFood gli Stati Uniti guidano la classifica globale per numero di startup, mentre l’Asia per gli investimenti. E l’Italia si classifica prima per progetti di tracciabilità blockchain. Ecco tutti i dati
L’innovazione AgriFoodTech corre sull’asse Usa-Cina. Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano e Università di Brescia, su 751 startup mappate il 33% è nord americana, mentre il 32% è europea e il 22% asiatica. Seguono poi l’America del Sud con il 6%, l’Africa con il 4% e l’Oceania con il 3%. Ma se si guarda al valore allora è l’Asia a farla da padrona, avendo raccolto il 60% degli investimenti, seguita da Nord America (al 22%) e dall’Europa (al 16%).
I settori di maggiore interesse riguardano la produzione agricola e la zootecnia, che raccoglie il 30% delle startup e il 13% dei finanziamenti, nonché il consumo (44% delle startup e 70% dei finanziamenti). Un dato che è influenzato dal forte interesse degli investitori nel settore del food delivery e dell’eGrocery, che negli ultimi anni, specialmente in Cina, ha fatto registrare importanti deal.
Nell’eCommerce ad esempio operano il 42% delle startup (79% degli investimenti) mappate nell’ambito della Ricerca 2022 dell’Osservatorio Smart AgriFood sul tema dell’agricoltura 4.0. L’AgTech invece raccoglie il 25% delle startup e il 7% dei finanziamenti, mentre l’indoor farming segna un 5% di startup e 2% di investimenti. Si tratta tuttavia di un settore in forte crescita e promettente. Le vertical farm si stanno ritagliando un ruolo di primo piano nel panorama AgriFoodTech e in alcuni Paesi, come l’Arabia Saudita, sono considerate l’unico strumento per riuscire a coltivare nel deserto.
Al quarto posto ci sono le app e i servizi per il consumatore, seguiti dai sistemi di tracciabilità. Proprio su questo fronte l’Italia ha qualcosa da dire. Il Belpaese conta infatti il 9% dei progetti blockchain a livello globale, quando l’intera Europa ne conta il 28%, seguita dalle Americhe al 16% e dall’Asia al 9%.
Blockchain e tracciabilità agroalimentare
La blockchain viene considerata come uno strumento per garantire la tracciabilità dei prodotti alimentari e fornire al consumatore informazioni di valore. Anche se poi il consumatore, di blockchain ha sentito parlare poco (il 60% di un campione di 1034 consumatori non la conosce) e solo il 6% conosce la sua applicazione al settore food.
La tracciabilità rimane però un tema fondamentale per i consumatori, che ricercano soprattutto informazioni sulla provenienza delle materie prime, sull’italianità del brand, sui marchi di qualità, sulla sostenibilità, sulla presenza di residui, sui metodi produttivi e sull’identità del produttore, lasciando all’ultimo posto il contenuto di allergeni.
Le percentuali di chi è indifferente alla tracciabilità sono molto basse. Il minimo lo si raggiunge nell’origine, dove solo il 7% non se ne cura, e il massimo sugli allergeni, che non interessa un italiano su cinque. Mentre se si va a vedere i prodotti più controllati si trovano la carne con il 78%, il pesce 54%, l’ortofrutta 50%, l’olio d’oliva 46%, i salumi 40%, il latte 39%, i formaggi 35% e la pasta 26%.
Il 45% del campione ritiene che la blockchain possa dare una mano ad avere prodotti più sicuri e il 51% ritiene che abiliti informazioni più affidabili. Bisogna però tenere ben presente che la blockchain non è uno strumento per certificare la veridicità dei dati, ma si limita a registrarli e a renderli immutabili nel tempo. Spetta sempre poi ad un ente terzo verificare che i dati inseriti siano corretti (a meno che non ci si voglia fidare del produttore).
E’ il motivo per il quale la tracciabilità blockchain implementata da singole aziende ha poco senso. Ne acquista invece se diventa uno strumento della filiera, volta a raccogliere dati e condividerli in maniera sicura, cementando in questo modo la fiducia tra gli operatori e creando sinergie e ottimizzazioni.
Va bene la blockchain, ma per cosa?
Gli obiettivi dichiarati dai progetti blockchain riguardano prima di tutto opportunità commerciali (54%), seguono poi l’efficienza della supply chain (47%), garantire la sostenibilità (26%), migliorare la food safety (13%), l’anticontraffazione (11%), pagamenti e transizioni (11%). Priorità che sono ben diverse se invece si guarda al tema della tracciabilità in generale, visto che al primo posto troviamo la food safety, seguita dal migliorare i processi di supply chain, da audit e certificazioni, dalla sostenibilità e solo in fondo troviamo la comunicazione di informazioni al cliente finale.
Ed è interessarne anche andare a guardare i soggetti promotori di progetti blockchain. Vediamo ad esempio che nel 24% dei casi sono industrie di trasformazione, nel 22% la Gdo (i supermercati), nel 12% la Pa, nel 9% il settore agricoltura. L’industria e la Gdo sono infatti i soggetti maggiormente interessati, in quanto in grado di estrarre il maggior valore da progetti blockchain di filiera, sia sotto il profilo dell’efficientamento della filiera, sia per quanto riguarda il ritiro di lotti compromessi.
Startup AgriFoodTech, tecnologie e soluzioni offerte
Tornando al mondo delle startup e guardando a quella AgTech (quindi la parte iniziale della filiera), vediamo che i software si confermano la tecnologia più diffusa tra le startup (56%), seguiti da Data&Analytics (32%), e poi dall’Iot (19%). Ancora più giù i device di ultima generazione (13%), mobilty e geolocalizzazione (9%), droni (5%), robot (4%) e la blockchain (2%) appunto.
I prodotti e i servizi sviluppati dalle startup riguardano prima di tutto la mappatura e il monitoraggio delle coltivazioni (21%), segue la gestione aziendale (20%), la tracciabilità (12%), il monitoraggio delle serre (10%), la zootecnia di precisione (7%), l’irrigazione smart (6%), l’economia circolare e la lotta al food waste (4%), il monitoraggio delle macchine in campo (2%) e il trasferimento di informazioni al consumatore (2%).
Agricoltura 4.0, un settore in forte crescita
Se si guarda a tutto il comparto dell’agricoltura 4.0 salta agli occhi la crescita verticale avuta l’ultimo anno. Se infatti nel 2017 il comparto valeva appena 100 milioni, nel 2019 era già arrivato a 450 per poi schizzare a 1,3 miliardi nel 2020. E il 2021? Secondo i dati dell’Osservatorio Smart AgriFood il comparto lo scorso anno ha cubato 1,6 miliardi di euro e per il 2022 si prevede un ulteriore balzo in avanti.
Si tratta di una crescita importante, prova di un settore in fermento, che è stato anche aiutato da politica pubbliche di sostegno, come il credito d’imposta per l’agricoltura 4.0, che ha spinto moltissimi agricoltori ad acquistare trattori e attrezzature smart. Con la speranza che poi siano effettivamente utilizzate nel pieno delle potenzialità e non come device analogici.