Il nuovo round di finanziamenti da 30 milioni di euro porterà presto novità in casa Planet Farms, società che ha inaugurato la più grande vertical farm d’Europa meno di 5 mesi fa. Daniele Benatoff, co-fondatore di Planet Farms, anticipa a StartupItalia cosa bolle in pentola. Benatoff ci ha svelato, fra l’altro, qualche dettaglio sull’impianto dedicato all’alta cucina che sarà inaugurato dentro al ristorante stellato “Da Vittorio”.
“Lo stabilimento di Cavenago (in provincia di Monza e Brianza) rappresenta per noi un punto di partenza, non di arrivo. Le potenzialità di apprendimento nel campo del vertical farming sono enormi. Siamo solo all’inizio”. È con questo spirito da pioniere che Daniele Benatoff, co-fondatore e co-Ceo di Planet Farms, racconta a StartupItalia i progetti di sviluppo per la creatura che ha fondato assieme a Luca Travaglini nel 2017. L’azienda, che nel 2021 ha ufficialmente inaugurato l’impianto più grande d’Europa in vertical farming, è pronta per farne debuttare altri tre. Proprio pochi giorni fa con un comunicato ufficiale Planet Farms ha annunciato di aver chiuso un round di investimenti da 30 milioni di euro. All’operazione hanno partecipato Red Circle Investments, Nuova Energia Holding e nuovi investitori come il Gruppo Azimut.
I vantaggi del Vertical Farming
È proprio Daniele Benatoff a raccontarci che cos’ha di speciale il vertical farming, sistema di produzione che si sviluppa in verticale, su piattaforme sovrapposte, con processo di coltivazione che va dal seme al prodotto finale: “È divertente – ha detto – parlare di vertical farming. Il nome stuzzica la curiosità, ma l’innovazione non è nel verticale; è nel fatto che riusciamo a controllare l’ambiente, è agricoltura in ambiente controllato, questa è la vera innovazione. Il processo agricolo è tradizionale, il sistema è innovativo – ha aggiunto ancora Benatoff – e ci permette di controllare tutte le variabili. In particolare, con il nostro sistema specifico, consumiamo il 95% in meno di acqua rispetto all’agricoltura a pieno campo, e abbiamo un risparmio di terreno che, a seconda della coltura, per un ettaro di impianto, come nel caso di Cavenago, va dai 199 ai 299 ettari. In altre parole, su un ettaro di terreno otteniamo un prodotto che avrebbe richiesto dai 200 ai 300 ettari a pieno campo”.
La parola sostenibilità fa il paio con un’altra caratteristica, il super-local: “La filiera è cortissima, Milano su Milano. Il prodotto arriva più fresco, dura di più e si riducono gli sprechi. Non ha inoltre bisogno di essere lavato perché è pronto al consumo: non si utilizza chimica, dato che lavoriamo in ambiente controllato, e il primo a toccare il prodotto è il consumatore finale”.
Ecco su cosa sta lavorando Planet Farms
Ad oggi Planet Farms è presente nei principali supermercati con insalate ed erbe aromatiche, ma il reparto ricerca e sviluppo non smette mai di affinare le ricette di coltivazione. E anche grazie alla nuova iniezione di liquidità, presto potrebbero debuttare nuovi prodotti. “Il nuovo centro di ricerca e sviluppo – ci ha raccontato ancora Benatoff – seguirà i filoni di ricerca sui quali già lavoriamo: elementi agronomici, selezione varietale, aspetti che riguardano la luce. Inoltre, ci saranno tante evoluzioni dal punto di vista dell’automazione e un forte allargamento delle famiglie di prodotti. Spazieremo dai frutti rossi fino ad ingredienti necessari all’industria”.
Con le conoscenze acquisite fino ad oggi, l’impianto di Cavenago produce più di una tonnellata di prodotti al giorno. C’è però ancora spazio per migliorare. Il team di ricerca si compone di circa 70 persone sparse in diversi Paesi, la metà delle quali lavora sull’innovazione: “La produttività può ancora crescere in maniera importante, è un processo d’apprendimento continuo”.
Un impianto di Vertical Farming dentro a un ristorante stellato
Fra le novità che potrebbero vedere la luce nel giro di poco tempo ci sono i tre nuovi impianti: due siti produttivi di 2 ettari (uno nel Nord Italia e uno a Londra) e un piccolo impianto dentro al ristorante stellato Da Vittorio di Brusaporto (Bergamo). I clienti potranno degustare al tavolo ciò che viene prodotto proprio davanti ai loro occhi: “Con la famiglia Cerea – prosegue Daniele Benatoff – condividiamo obiettivi simili: sostenibilità, qualità del prodotto e la volontà di preservare la tradizione culinaria italiana. Li abbiamo conosciuti durante il primo lockdown. Con una cordata di imprenditori bergamaschi, i Cerea avevano preso in mano la parte di ristorazione dell’ospedale da campo degli Alpini, che era in piena emergenza. Noi abbiamo donato il nostro basilico che stavamo producendo a Cinisello Balsamo (Milano). Da lì è nato tutto. Sono rimasti impressionati dal sapore di quel basilico, eravamo a marzo”.
Il gusto la fa da padrone con le sementi dimenticate
Il sapore e la qualità dei prodotti per il team di Planet Farms – secondo le dichiarazioni dei due fondatori – sono condizioni imprescindibili per decidere di andare sul mercato con una novità. Parte di quel sapore, di cui Benatoff e Travaglini vanno fieri, è dovuto anche alla selezione. La possibilità di controllare al 100% l’ambiente di coltivazione porta ad avere assoluta libertà di scegliere dal punto di vista delle sementi, recuperando quindi anche varietà dimenticate perché di gestione troppo complessa, a pieno campo.
“Non lavoriamo allo sviluppo di nuove sementi – afferma Benatoff – ma facciamo la nostra selezione fra quelle già a disposizione. In particolare, ci interessano le sementi che erano usate quando il cibo era stagionale e locale. Un tempo erano ottimizzate per sapore e aspetto. I sapori di una volta vengono dalle sementi di una volta. Possiamo permetterci di recuperarle perché, lavorando in ambiente controllato, non subiamo il condizionamento del clima. Permettiamo a quelle sementi quindi di esprimersi al meglio”.
E il consumatore sembra capire e apprezzare il nuovo metodo di coltivazione. Non sembra esserne spaventato, almeno secondo l’esperienza di Planet Farms: “Il consumatore percepisce che è qualcosa di diverso, capisce di pancia. Siamo fortunati in Italia, sappiamo riconoscere il sapore quando lo incontriamo. L’apprezzamento per il nostro lavoro è confermato anche dal premio ricevuto da Luca Travaglini nel 2021 come Italian Tech Person dell’anno. Credo personalmente che sia un premio a tutto il team. Il pubblico che vota ci sta dicendo che è interessato all’innovazione in un settore che gli sta a cuore, l’agroalimentare”, conclude Benatoff.