In occasione della Giornata mondiale della felicità, i numeri della pizza da freezer, che vale 245 milioni di euro, raccontano una rivoluzione tecnologica e le abitudini che cambiano
Tradizionale e costosissima. Romana, che è tornata di moda, o classica napoletana. Artigianale o surgelata. In pizzeria, al ristorante, al taglio, a domicilio. Nella Giornata mondiale della felicità non si poteva non celebrare la pizza, emblema internazionale di questo sentimento dai numeri stratosferici.
Pizza surgelata: un chilo a testa
Farcite e semplici, extralarge e al trancio, biologiche e integrali, gluten free e senza lattosio, con impasti di mille farine diverse. Anche nella versione surgelata, che ha ormai superato da tempo ogni ostracismo. Nel 2016 è stato infatti consumato oltre un chilo a testa di pizze “sottozero” (nel complesso ne mangiamo ben 8 chili) e, nel 2017, i consumi hanno toccato complessivamente quota 91.500 tonnellate. Con una crescita del +2,1% ed un exploit di consumo delle “pizze grandi”, che hanno guadagnato oltre il +7% sull’anno precedente (scendendo nel dettaglio, sono state consumate nel canale retail circa 50ila tonnellate di pizze surgelate e oltre 14.500 tonnellate nel catering). Insomma, in soli 11 anni, dal 2006 al 2017, il valore di mercato relativo a questo prodotto è quasi raddoppiato: da 130 a 254 milioni di euro. Il domicilio, spesso, ce lo facciamo da soli.
Vince la margherita
Di quel chilo che abbiamo mangiato è in testa la tradizionale “margherita” (tra oltre 45 tipologie presenti in commercio) e i consumi di pizze surgelate rappresentano oggi il 20% circa del mercato complessivo. Sono alcuni dei numeri diffusi dall’Iias, l’Istituto italiano Alimenti Surgelati che, proprio in occasione della Giornata mondiale della felicità, ha reso noti numeri, tendenze e curiosità di un prodotto anni fa boicottato.
Le pizze surgelate sono ormai nella spesa di 6 famiglie su 10 (63%) e la loro crescita traina quella dell’intero settore dei surgelati, al punto che le pizze hanno guadagnato negli anni una fetta sempre più significativa dei consumi complessivi dei surgelati nel nostro Paese. Questa fetta è arrivata a superare il 12% del totale lo scorso anno, complice anche la diversificazione dell’offerta, sempre più in linea con i trend alimentari emergenti (salutismo, ricerca del benessere, sensibilizzazione verso le intolleranze) e le diversi e dinamiche abitudini di consumo degli italiani.
Zero impegno e massima resa
“Un buon cibo può donare felicità e migliorare l’umore, coinvolgendo tutti i sensi e regalando veri attimi di soddisfazione – commenta Vittorio Gagliardi, presidente Iias – la pizza surgelata corrisponde esattamente a questo identikit: è oggi associata a un’atmosfera di allegria, convivialità, buonumore; evoca la spensieratezza mentale di una ‘cena già risolta’: relax, tranquillità, informalità, zero impegno e massima resa; rimanda a un’elevata gratificazione in termini di esperienza di prodotto: sfizio, piacere, appagamento, calore del forno. Le occasioni di consumo sono molteplici, spesso più ‘rituali’ che ‘emergenziali’: la “serata pizza” (familiare, di coppia o con gli amici) è percepita come un appuntamento atteso ma anche il consumo individuale rientra nella dimensione della desiderabilità”.
Insomma, il successo della pizza surgelata è cresciuto anno dopo anno, così come il livello qualitativo del prodotto, che è arrivato a conquistare palati sempre più esigenti e raffinati. Ma come è stato possibile?
“La risposta – sostiene Gagliardi di IIAS – va ricercata nelle continue innovazioni e sperimentazioni compiute in questo settore, che hanno decretato il trionfo di un prodotto inizialmente percepito con grande diffidenza nel nostro Paese. Com’è facilmente immaginabile, fin dai suoi esordi negli anni ’60 del secolo scorso, in Italia la pizza surgelata ha dovuto scontrarsi con la concorrenza ingombrante del prodotto fresco. Sfida oggi superata, come dimostrano le 91.500 tonnellate consumate nel 2017, pari al 12% in volume di tutti gli alimenti surgelati”.
La rivoluzione tecnologica
Ma qual è il retroterra industriale e tecnologico? Agli inizi degli anni ’90 è stato ribaltato il modo di produrre la pizza surgelata avviato negli anni ‘70. Si passò, infatti, dal sistema di preparazione tipico dei panificatori (che prevedeva una temperatura del forno compresa tra i 250 e i 280° C e un tempo di cottura di 20-25 minuti) a quello dei pizzaioli (che utilizzavano invece la temperatura del forno a 400° C e impiegavano 2-4 minuti di cottura). Un passaggio epocale dal cosiddetto metodo “Ltlt” (Low Temperature, Long Time) alla tecnica “Htst” (High Temperature, Short Time).
“Da un’indagine realizzata di recente dalle aziende del nostro comparto – conclude Gagliardi – risulta che gli intervistati ‘anagraficamente più maturi’ riconoscono una netta differenza tra la pizza surgelata del passato (solo mozzarella e pomodoro, considerata quasi un “surrogato della vera pizza”) e la vivacità dell’attuale scenario di categoria, che oggi è percepito come un mondo molto ricco e articolato in termini di farcitura (dalle più semplici alle super farcite), spessore (oltre agli impasti tradizionali, anche pizze alte o sottilissime), dimensione (non solo “regular”, ma anche formati “big” o “small”) e rispondenza ai vari stili alimentari: dalle tradizionali ricettazioni italiane, recentemente riqualificate nell’ingredientistica e nei metodi di cottura, alle pizze originali con gusti nuovi e decisi o con farciture straricche”.