La multinazionale di Atlanta sta trattando con Aurora Cannabis, azienda canadese che la produce per fini medici. A StartupItalia! Marco Cappato “Coca Cola fa i suoi interessi, ma arriva prima della politica”
Ad Atlanta ci stanno pensando seriamente. La prima Coca Cola al “gusto” cannabis, senza alcun effetto psicoattivo, sarebbe un’ipotesi sul tavolo per una svolta “salutista” di una nuova soft drink. Primo a darne notizia è stato Bloomberg, secondo cui la multinazionale delle bibite starebbe trattando con Aurora Cannabis, azienda canadese attiva nel campo sanitario e produttrice di marijuana, che ha visto crescere del 23% il valore delle proprie azioni non appena il suo nome è stato associato a Coca Cola.
Gusto Coca Cola?
Almeno di questa nuova Coca Cola alla cannabis conosciamo l’ingrediente segreto: si tratta del cannabidiol (CBD), un cannabinoide che a differenza del Thc – anch’essa presente nella marijuana – non ha effetto psicoattivo; l’utilizzo è ricorrente nell’ambito medico visto che le sue molecole hanno un effetto antidolorifico. Resta tuttavia il muro della legislazione degli Stati Uniti, dove sia cannabis che CBD sono illegali. Sempre negli Usa il ricorso sanitario al cannabidiol vale soltanto per il trattamento farmaceutico contro l’epilessia approvato lo scorso giugno dall’US Food and Drug Administration: il medicinale in questione è l’Epidiolex e contiene CBD.
Coca-Cola may be getting into the cannabis business pic.twitter.com/NcFf3OqN85
— Bloomberg Quicktake (@Quicktake) September 17, 2018
Leggi anche: Arriva l’Unicornetto, il gelato al gusto unicorno
Tornando però alla Coca Cola che potrebbe contenere molecole di un cannabinoide, i numeri di un affare simile sarebbero i primi da cui partire. Il mercato di bevande che contengono molecole presenti anche nella marijuana potrebbe valere, secondo gli analisti citati dalla CNN, fino a 50 miliardi di dollari annui solo negli Stati Uniti. «Tutto ciò che è ammesso a livello alimentare deve naturalmente garantire l’assenza di effetti stupefacenti – dice a StartupItalia! Patrizia Restani, professoressa di Chimica degli alimenti all’Università Statale di Milano – escludo dunque che Coca Cola possa accettare di correre un rischio simile senza la garanzia che il CBD non è dannoso in una bevanda».
https://www.facebook.com/marcoantoniocappato/photos/pb.19283272906.-2207520000.1537282600./10157908409337907/?type=3&theater
Tra i primi a reagire in Italia alla notizia è stato l’ex deputato europeo Marco Cappato che da tempo si batte per la legalizzazione della marijuana. Sul suo profilo Facebook ha pubblicato una foto con l’aggiunta della seguente domanda retorica. “Davvero dobbiamo aspettare che ci arrivi la Coca Cola per legalizzare?”. Raggiunto da StartupItalia! ha spiegato così la sua posizione: «Stiamo parlando del CBD, non del Thc, ma resta il fatto che la marijuana è culturalmente tollerata. Io credo nel libero mercato e in una doverosa informazione da fornire al consumatore».
Cappato non è dunque stupito del business potenziale attorno alla Coca Cola con molecole CBD. «Sia con la cannabis light, tollerata, che con la marijuana, illegale, il gradimento delle persone è evidente. L’obiettivo della legalizzazione mira a togliere un’affare simile al mercato criminale, dando la possibilità alle persone di essere più informate su quello che assumono, proprio come accade per cibi e bevande».
A margine della telefonata gli abbiamo chiesto informazioni sulla nota e delicata vicenda di Dj Fabo, accompagnato nel febbraio 2017 in una clinica svizzera da Marco Cappato per porre volontariamente termine alla sua vita. «Aspettiamo il 23 ottobre quando si pronuncerà la Corte Costituzionale: da quella decisione si capirà se il processo continua o meno».