Ogni agricoltore vorrebbe averne uno per campo, ma a cosa servono questi apparecchi e soprattutto, sono convenienti?
Agli italiani piacciono i droni. Lo si vede dal numero di persone che visitano le fiere dedicate al settore, o dalle visualizzazioni dei filmati che riprendono questi apparecchi volare all’interno di vulcani, tra i palazzi di una città, precipitare rovinosamente al suolo. E ora, anche in agricoltura, è esplosa la drone-mania. Ma come possono essere utilizzati in campagna? E soprattutto, sono convenienti?
Un drone per monitorare le coltivazioni
Il primo utilizzo è quello per la sorveglianza. Sui droni è infatti possibile caricare delle speciali telecamere in grado di rilevare la “fluorescenza della clorofilla”. Una radiazione luminosa che dà un’indicazione sullo stato di salute della pianta. Se una vite o un campo di mais sono in sofferenza, perché manca l’acqua o perché ci sono dei parassiti, il drone è in grado di rivelarlo. E poi sarà compito del tecnico di turno tradurre i dati raccolti in informazioni utili. Così si possono creare mappe di vigore utili a ridurre i trattamenti sulle reali esigenze della pianta. L’agricoltore potrà irrigare o fertilizzare solo la porzione di campo che lo richiede. Oppure potrà usare antiparassitari solo sulle piante che sono state davvero colpite da insetti nocivi. Un risparmio per l’azienda agricola e un beneficio per l’ambiente.
Ma i droni possono essere usati anche per i trattamenti delle colture. Impossibile però fantasticare su ipotetici quadricotteri che trasportano diserbanti. Il payload (peso trasportabile) è infatti molto limitato, così come l’autonomia di volo. Un drone può portare, al massimo, prodotti per la lotta biologica agli insetti dannosi e in Italia è già stato usato per il lancio di capsule contenenti i parassiti dell’insetto più temuto dai cerealicoltori, la piralide del mais.
C’è chi poi i droni li usa per monitorare i danni causati alle colture dal maltempo. Sono in particolare delle società di consulenza che fanno volare questi apparecchi per fotografare le conseguenze di grandinate, trombe d’aria e bombe d’acqua. Foto che poi sono utili nel richiedere i risarcimenti alle assicurazioni. Fin qui si è parlato dei droni come Apr (Aeromobile a pilotaggio remoto). Ma esistono anche i droni di terra, trattori in miniatura, dotati di cingoli, che si muovono in maniera autonoma tra i filari di una vigna o tra le insalate raccogliendo informazioni, misurando il vigore vegetale, l’umidità del suolo o la presenza di parassiti.
Infinite potenzialità, ma ridotta diffusione
Le potenzialità dei droni sono dunque enormi, ma sono davvero così diffusi in agricoltura? Non ancora. Infatti il costo di questi giocattoli è alto, le norme per farli volare complicate e la tecnologia cambia talmente velocemente che per una piccola azienda i costi superano di gran lunga i benefici.
Ad utilizzarli potrebbero allora essere i contoterzisti, quei soggetti cioè che possiedono macchinari costosi e prestano il loro servizio dietro compenso agli agricoltori. Ma anche in questo caso i costi sono difficili da ammortizzare perché mancano i clienti. La maggior parte degli agricoltori infatti non è particolarmente aperta all’innovazione e teme che utilizzare questi dispositivi rappresenti un costo, più che un investimento. Senza contare che imparare a pilotare un drone e ad interpretare i dati che raccoglie servono competenze specifiche che in Italia ancora pochi hanno.