Dopo la rielezione di Obama i big data sono entrati ufficialmente in politica. E in Italia si muovono i primi passi. Renzi ha voluto il guru Messina in vista del referendum. E si affacciano le startup
In principio fu Barack Obama. Se la campagna del 2008 è stata quella dei social, la rielezione è passata (ancora di più) dall’analisi. Non a caso il Washington Post ha definito Obama “The Big Data President”. Da allora, l’applicazione alla politica è sempre più frequente. E sta arrivando anche in Italia.
Dall’ ideologia politica a quella dei dati
L’ideologia, spiega il Washington Post, è stata sostituita dalla fede, nei dati. Lontano dai dogmi del passato ma anche – continua l’articolo – dal pragmatismo senza visione della “reality-based community” made in Bush.
Il giornale ha esagerato? La conferma che i big data abbiano avuto un ruolo decisivo nell’ascesa di Obama arriva da chi lo conosce bene. Dan Wagner è partito dal comitato elettorale di Chicago nel 2007 (segno di un’attenzione antica). Nel 2012 diventa capo analista della campagna elettorale, quella per la rielezione. Dirà poi a Bloomberg: “I numeri sono stati usati sempre, in ogni tipo di scelta. Hanno contribuito al processo decisionale non solo sul campo ma anche nella comunicazione e nella raccolta fondi”. Tutto, ma proprio tutto, è passato dai dati e dalla loro analisi.
Jim Messina, l’uomo dei numeri. Di Obama, e Renzi
Dire che i big data siano stati solo un ingranaggio della macchina elettorale di Obama sarebbe riduttivo. La loro importanza ha un nome e cognome: Jim Messina. Capo di gabinetto di Obama dal 2009 al 2011, è diventato l’organizzatore della seconda campagna presidenziale. Che cosa fa adesso? Quello che faceva alla Casa Bianca: consulenza strategica data-driven, con il suo The Messina Group. Nell’agosto 2013, fresco di trionfo americano, è stato assunto come consulente dal partito conservatore britannico. Risultato: elezioni vinte. E adesso una nuova sfida. Messina è consulente di Cameron anche per il prossimo referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Ue.
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Jim Messina è il ponte che guida i big data verso la politica italiana. Da un paio di mesi è stato assunto dal Partito Democratico. La notizia è stata confermata dallo stesso Messina: “Sono entusiasta di annunciare l’accordo come consulente del primo ministro italiano Matteo Renzi e del suo partito”. Ma non è ancora chiaro il ruolo che avrà in Italia.
I big nella politica italiana per amministrative e referendum
I big data in queste amministrative avranno ancora un ruolo marginale. “In queste elezioni ogni candidato sindaco ha impostato la propria campagna liberamente”, dice a Startupitalia.eu Antonio Palmieri, responsabile digitale e comunicazione elettorale di Forza Italia. “Valuteremo il da farsi per le prossime elezioni politiche. Ora è ancora molto prematuro parlare” di big data.
Guardando al Pd, invece, Messina sarebbe stato chiamato per collaborare con i vertici del partito e con gli staff di Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna. Le amministrative, però, sarebbero una sorta di allenamento. Annunciando l’accordo, l’ex capo-campagna di Obama le amministrative non le cita neppure. L’appuntamento è un altro, fissato il prossimo ottobre: “Quest’anno Renzi sottoporrà un referendum ai votanti e io e Sean siamo orgogliosi di supportarlo”, scrive Messina nel suo post. “Sean” è Sean Sweeney, partner di The Messina Group. Sarà lui, con tutta probabilità, l’uomo sul campo. Non è solo l’ingaggio di due spindoctor. La loro attività non è pura consulenza ma (soprattutto) analisi. Il sito aziendale lo dice chiaramente: “Il core di The Messina Group è la convinzione che le migliori soluzioni si basino sui migliori dati”.
Dopo 9 anni dagli Usa l’Italia muove i suoi primi passi
L’attenzione di Renzi ha anche un altro nome e cognome: Marco Carrai. Sfumata l’ipotesi di un incarico al Copasir per la gestione della cyber security, Carrai è stato chiamato nello staff di Palazzo Chigi “per dare una mano nel settore dei big data”, ma l’incarico non è ancora ufficiale. Tramite la sua Cambridge management consulting e la Carfin del fratello Stefano, controlla Cgnal, società con sede ad Amsterdam che si occupa proprio di big data.
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(3 startup, una è meglio degli exit pool)
Segnali, in un ambiente ancora acerbo. L’Italia muove i primi oggi, Obama nove anni fa. Sul suo sito, Jim Messina ricorda orgoglioso che “le elezioni presidenziali del 2012 saranno per sempre ricordate come quella della svolta dei big data”. E il prossimo referendum, preceduto dal riscaldamento delle amministrative, potrebbero rappresentare una (piccola) svolta nella politica italiana.
Paolo Fiore
@paolofiore