Coi suoi software gestionali Zucchetti ha costruito un impero, cambiando modelli e aggredendo sempre nuovi mercati, dal cloud, all’IoT e adesso, con l’acquisizione di Fabtotum, alla stampa 3D.
Delle buste paga dei dipendenti privati italiani, una su quattro (4,5 milioni, in totale) vengono elaborate coi loro software. Un ecosistema quello del gruppo Zucchetti, che da Lodi, iniziando dal primo software per la gestione automatizzata delle dichiarazioni dei redditi, in quasi 40 anni è arrivato a contare nella propria galassia 30 aziende, un fatturato di 386 milioni di euro e vendite in tutto il mondo. Un’avventura iniziata alla fine degli anni 70 in uno studio di commercialisti, dove sotto la guida di Domenico Zucchetti nasceva il primo programma. Nel giro un decennio, nel 1992, il fatturato è di quasi 60 miliardi di lire, e i dipendenti erano più di 200.
Reinveste tutti gli utili, e il 20% del fatturato va all’R&D
Oggi, forti anche di un ricambio generazionale che ha visto e vede alternarsi alla presidenza del gruppo i figli di Zucchetti, Cristina e Alessandro, hanno più di 100 mila clienti e i dipendenti sono oltre 3 mila, dei quali 1.200 si occupano esclusivamente di ricerca e sviluppo, settore nel quale il gruppo spende il 20% del fatturato. Hanno sempre reinvestito tutti gli utili, raddoppiando quasi, dal 2008, il numero di dipendenti e il fatturato. L’azienda di Lodi lavora con aziende di qualsiasi settore e dimensione, banche, assicurazioni, commercialisti, consulenti del lavoro, avvocati, curatori fallimentari, associazioni di categoria, Caf e Pubblica Amministrazione.
Poche regole, pochissima gerarchia. In Zucchetti vige la “cultura della delega”, e dei loro manager dicono che «non sono dipendenti ma imprenditori». Hanno anche una loro “Accademia” aziendale, ovvero programmi di formazione qualificata e continua di manager, commerciali, personale operativo e utenti finali.
Cloud, IoT e robotica, la nuova Zucchetti
Non solo software e investimenti. Tanti. 90 milioni di euro in 5 anni e quasi 30 solo nei primi mesi del 2016. Zucchetti, dopo la scelta nel 2006 di riscrivere tutti i propri software in chiave web e focalizzato gran parte del proprio business sui servizi cloud, che è cresciuto sino a valere un terzo del fatturato, ha investito anche nella creazione di una propria web farm. Tra i progetti non software che hanno più successo nel mondo ci sono i loro sistemi di controllo degli accessi agli stadi e 2 grandi intuizioni nel campo della robotica: un tosaerba, Ambrogio, e un pulitore per piscine, Nemo, sviluppati dalla società del gruppo Zucchetti Centro Sistemi. E poi, «siamo già attivi nel settore Internet of Things – dice a Startupitalia! Alessandro Zucchetti – abbiamo acquisito 2 anni fa una società di IoT, la Macnil, che, tra gli altri progetti, ha un sistema davvero innovativo di geolocalizzazione delle flotte aziendali».
E adesso anche la stampa 3D
Zucchetti si prepara ad aggredire un altro mercato. Quello del digital manufacturing e, in particolare, della stampa 3D. Lo fa rilevando per 1,4 milioni di euro il 51% di una startup lombarda, Fabtotum, che ha ideato una innovativa stampante 3D in grado anche di fresare incideree svolgere all-in-one tante funzioni. La loro stampante era divenuta famosa in tutto il mondo 2 anni fa grazie a una campagna di crowdfunding su Indiegogo, con la quale i 2 giovani makers avevano raccolto oltre 600 mila dollari. Grazie a questa operazione, Fabtotum, che in Europa è accelerata da EIT Digital, punta a rafforzarsi dal punto di vista commerciale, in particolare sul mercato italiano, mentre Zucchetti entra in un settore in forte espansione con numerose richieste sul fronte estero.
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Ma perché un’azienda di software per aziende dovrebbe investire in stampanti 3D? Per Alessandro Zucchetti: «Il mercato è ancora molto embrionale. Certo, vedendo i trend evolutivi del settore, sono impressionanti. La speranza che vada avanti ancora di più».
Una grande azienda italiana che decide di investire, e tanto, su una startup italiana. Può essere di buon auspicio? «Il fatto che quest’anno per l’Italia si stimi una crescita di circa l’1% – dice il presidente Zucchetti – non è un dato molto incoraggiante. In questi anni di crisi hanno sofferto soprattutto le piccole e medie imprese. Noi 30 anni fa lavoravamo solo per le Pmi e negli ultimi 10 anni ci siamo spostati sulle grandi imprese. Anche per questo siamo riusciti a crescere, nonostante la crisi generale». Di Quanto? «Del 6-12% annuo, una media del 10%».
I numeri della stampa 3D
Insomma. Se cresci puoi spendere, se puoi spendere meglio diversificare il business. Secondo gli analisti di Gartner, l’impatto della stampa 3D sarà presto determinante in moltissimi campi. Prototipazione e design, ovviamente, ma anche e soprattutto scienza, medicina, edilizia e manifatturiero in generale. Entro il 2018, sostiene Gartner, almeno sette dei principali 10 rivenditori che promuovono i loro negozi con diversi canali (a partire dal sito web) faranno uso di tecnologie di stampa 3D per generare ordini personalizzati e, allo stesso tempo, si andranno via via affermando nuovi modelli di business basati su questa nuova tecnologia. Un piccolo ecosistema, insomma, molto redditizio e anche molto complesso. In quanto sarà necessario definire anche nuovi modelli di “autorialità” e proprietà intellettuale. E sicuramente anche di un buon software gestionale.
Aldo V. Pecora
@aldopecora