Il riposizionamento (lungo e difficile) di Pechino verso l’aumento dei consumi interni favorirà il made in Italy e la qualità. Le occasioni migliori per vino, cioccolato, olio. Lo scenario della Sace prevede export a 410 milioni nel 2018
La Cina a breve diventerà un mercato molto più interessante per il made in Italy. Che potrebbe essere toccato positivamente dal previsto aumento della domanda di beni alimentari, visto il passaggio (difficile) di Pechino verso un’economia più matura ed equilibrata, che passerà per maggiori stimoli ai consumi interni. Ma quanto le imprese italiane potranno approfittarne? Il conto lo ha fatto la Sace (società che si occupa di export credit e protezione investimenti). Bene, l’export di agroalimentare italiano in Cina potrebbe passare dai circa 320 milioni di euro del 2014 ai 410 milioni nel 2018. E un ruolo importante, in questo mercato potenziato, potrebbe giocarlo proprio l’e-commerce cinese, con il gigante Alibaba in testa.
Alibaba, anche 14 mld di dollari in un giorno
Il canale distributivo online ha infatti enormi potenzialità e sta sperimentando una notevole crescita: basti pensare che nel l’ultimo “giorno dei single” (l’11 novembre scorso) Alibaba ha fatturato circa 14 miliardi di dollari in una sola giornata. E non è tutto: secondo le stime di Forbes nel 2020 in Cina ci potrebbero essere 750 milioni di utenti consumatori online (nel 2014 erano 360 milioni). Una piazza enorme sulla quale il made in Italy potrebbe giocare molte chance di aumento in chiave export.
Cina occasione per vino, cioccolato e olio
La crescente domanda di alimenti sicuri da parte dei consumatori cinesi secondo la Sace funge da stimolo all’importazione di prodotti finiti e allo sviluppo delle tecniche di conservazione degli alimenti freschi, mentre la riduzione dei dazi sui prodotti di lusso approvata nel 2015 include anche i prodotti alimentari di alta qualità, primo fra tutti il vino. Alla luce di questi cambiamenti, Sace ipotizza l’apertura di due tipi di opportunità per le imprese italiane: sfruttare l’evoluzione delle abitudini alimentari della popolazione cinese, aumentando l’export di beni alimentari lavorati di alta qualità per raggiungere 30 milioni di consumatori cinesi ad alto reddito e fornire macchinari per la lavorazione delle materie prime agricole ai paesi latinoamericani che esportano beni primari in Cina. Attualmente, il principale prodotto esportato è il vino, con un peso sul totale di oltre il 23%, seguito dal cioccolato (22%) e dai prodotti da forno (10%). L’olio di oliva, benché rappresenti solo il 7% circa dei beni alimentari esportati in Cina, vede l’Italia come il secondo esportatore dopo la Spagna. I prodotti residuali, quali ad esempio le carni e gli insaccati e i prodotti lattiero-caseari hanno ancora un peso ridotto ma margini di crescita elevati, come confermato dalle dinamiche degli ultimi anni.
Anche il turista cinese alimenta la domanda interna
Il ribilanciamento cinese può rappresentare “un vantaggio per i paesi esportatori” di prodotti in primis quelli agroalimentari. Secondo lo studio, la parte di popolazione maggiormente abbiente delle grandi città cinesi è in proporzione molto numerosa, tanto che anche una piccola elite costituisce un elevato potenziale di consumo. Inoltre, un numero crescente di città costiere mostra forti segnali di occidentalizzazione dei consumi, anche nel settore alimentare (pasta e prodotti tipici come l’olio extra-vergine di oliva o parmigiano). Sace sottolinea che i nuovi flussi turistici cinesi sosterranno la domanda di prodotti esteri una volta rientrati in patria, grazie al contatto diretto tra consumatore cinese e cucina italiana.