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L’atmosfera è quella di un campo da calcio di periferia, lungo il quale corre un muro coperto di graffiti, tra i quali campeggia ben visibile la scritta “Street sport”. L’afa estiva che da giorni attanaglia Milano giovedì 29 giugno concede una tregua: il cielo è nuvoloso, il vento porta un po’ di sollievo. È mattina presto: si gioca, si suda, si urla, si ride, ci si prende in giro, si scambiano strette di mano e pacche sulle spalle.
A correre dietro al pallone ci sono ragazzi che vivono momenti spensierati: ognuno di loro, però, custodisce dentro di sé una storia complicata e dolorosa, che lo ha portato fino allIstituto Penale Minorile Cesare Beccaria. Ora sono tutti qui per cominciare una fase esistenziale diversa, anche grazie allo sport, attraverso il quale si imparano valori e modalità di relazione che torneranno utili nella vita: lealtà, rispetto reciproco, collaborazione, determinazione, spirito di squadra.

Così è già successo a chi in passato ha partecipato al Gruppo Mediobanca Sport Camp, giunto alla settima edizione. Una settimana di attività sportive, tra rugby, calcio, basket, nuoto e judo, organizzata in collaborazione con il CUS Milano Rugby A.s.d. Trenta i ragazzi coinvolti, di età compresa tra i 14 e i 24 anni, pronti a mettere in gioco corpo ed emotività durante le sessioni di allenamento co-partecipate dai volontari – e quest’anno per la prima volta anche dalle volontarie – del Gruppo Mediobanca. 

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Allenatori d’eccezione al Gruppo Mediobanca Sport Camp

A coordinare le attività c’è, come ormai da tradizione, Diego Dominguez, ex campione della Nazionale italiana di Rugby, insieme al suo staff. «Ogni anno mi trovo davanti una squadra diversa: alcuni ragazzi sono nuovi, altri li ho già conosciuti gli anni scorsi», racconta. «A guidarmi è sempre la speranza di far vivere a questi detenuti così giovani un’esperienza forte, che li possa accompagnare una volta riacquistata la libertà: desidero che incontrino persone nuove ed ascoltino storie diverse, che possano essere per loro ispirazionali. Un errore si può fare nella vita: l’importante è avere la capacità e la possibilità di cambiare», spiega l’allenatore osservando gli atleti in azione, anche alla ricerca di qualcuno con cui continuare il percorso nella squadra del CUS Milano Rugby. «Rispetto alle altre discipline, questo è uno sport di contatto ed è più collettivo: la solidarietà tra i giocatori deve essere molto forte».

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Diego Dominguez

«Grazie allo sport si raggiunge l’equilibrio anche nella vita»

I ragazzi si allenano sotto i suoi occhi, ricreando situazioni tipiche che potrebbero capitare in partita, scambiandosi sguardi complici, elaborando strategie, aiutando il compagno a rialzarsi quando cade. A dar loro consigli c’è anche un ospite d’eccezione, Nicola Ventola, ex calciatore con una brillante carriera alle spalle, iniziata da giovanissimo e terminata a soli 32 anni dopo una lunga serie di infortuni. «La vittoria si apprezza di più dopo essere passati dalla sofferenza e dal fallimento», assicura ai giovani calciatori che gli si fanno incontro, disponendosi a cerchio. «Ho esordito a 16 anni e già a 18 mi sono rotto un ginocchio. Nessun medico mi voleva operare a quel tempo: mi è crollato il mondo addosso». Alla fine di interventi ne ha subiti ben nove: «Bisogna saper cogliere l’opportunità di riprendersi, che nella vita arriva sempre», prosegue l’ex bomber. «Lo sport mi ha anche fatto capire quale deve essere il giusto equilibrio della vita: non bisogna esaltarsi troppo nei periodi belli e nemmeno scoraggiarsi eccessivamente di fronte alle avversità».

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Nicola Ventola

Fantasia, collaborazione, spirito di squadra

Lo sconforto in carcere arriva all’improvviso: il tempo è dilatato, quasi sospeso, e ogni tanto le ombre si proiettano più lunghe e più scure sullanimo. I giovani detenuti cercano di reagire, anche calciando un pallone, esortati a bordo campo dagli allenatori dello staff di Diego Dominguez. «Fantasia». «Collaborazione». «Il portiere gioca con voi, è un uomo in più». 

Al loro fianco corrono i volontari e le volontarie del Gruppo Mediobanca, tre ogni giorno, a rotazione. «All’inizio non è semplice entrare in carcere, è un luogo che mette una certa soggezione», confessa Edoardo Rota, che ha partecipato anche al Mediobanca Sport Camp 2022. «Ma nel giro di 5 minuti si intuisce la grande voglia di giocare dei ragazzi e da quel momento si pensa solo allo sport». Le riflessioni affiorano a fine giornata: «Dopo aver giocato insieme per ore come vecchi amici, ti soffermi a guardarne i volti. La loro vita a 17-18 anni si svolge tutta all’interno di queste mura: si può solo provare ad immaginare quando sia dura la realtà che vivono, pensando invece a quanto è stata diversa la nostra giovinezza». 

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Pensare a un futuro oltre il carcere

Vederli giocare fa cadere molti preconcetti, come sottolinea Gabriele Anselmi, volontario anche anche lui alla seconda esperienza. «Si realizza che ci sono persone che hanno avuto la sfortuna di nascere e crescere nel posto sbagliato: questa non vuole essere una giustificazione, ma una ragione in più per dare una nuova possibilità». Tra un tiro e laltro viene spontaneo chiedersi cosa potrà offrire loro il futuro: «È importante che il programma di inserimento li accompagni anche fuori dallistituto penale: bisogna dare loro gli strumenti per proseguire e non dover tornare al punto di partenza».

Anche di fronte alla complessità di certe situazioni il messaggio con cui si torna a casa a fine giornata è semplice: il calcio, come il rugby e le altre discipline, possono essere una leva per allontanarsi da certi pensieri e da certe azioni.

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«La valorizzazione di sé e la collaborazione con gli altri sono fattori straordinariamente aggreganti nella pratica sportiva: lo spirito di squadra si rivela prezioso per la quotidianità allinterno dellistituto», conclude Giovanna Giusti del Giardino, Head of Group Sustainability del Gruppo Mediobanca. «Prendendo parte con passione ed entusiasmo agli allenamenti, i nostri volontari forniscono unulteriore prova della sensibilità rispetto ai valori sociali che caratterizzano la nostra realtà aziendale».

Il venerdì, a chiusura dello Sport Camp, si festeggia con un torneo, a cui partecipa anche una squadra composta dagli agenti penitenziari. Per i ragazzi è il momento di scendere in campo. L’arbitro fischia, si tira il pallone, comincia una nuova avventura.