Si chiamano MammeMatte e, a dispetto del tono leggero e allegro con cui si presentano, fanno un lavoro tremendamente serio: cercano una famiglia che tenda le braccia a bambini e ragazzini che una famiglia non l’hanno più e a cui i tribunali faticano a trovarla, perché sono troppo malati, o troppo grandi, o troppo danneggiati dal dolore. Le MammeMatte sono nate nel 2017 da quattro operatrici nel sociale – un’avvocata, una pedagogista, una counselor professionale, una educatrice – e oggi rappresentano il riferimento di Tribunali e servizi sociali in tutta Italia: non appena un Tribunale o una casa-accoglienza ha notizia di un minore con bisogni speciali contatta le MammeMatte, che si attivano per cercare una famiglia che lo accolga, attraverso l’adozione o l’affido.
Minori con bisogni speciali
I bambini delle MammeMatte – perché bisogna essere un po’ pazzerelle, dicono loro, per correre incontro a ciò che un aspirante genitore difficilmente desidera – soffrono di disabilità gravissime, hanno subito abusi, abbandoni, forti privazioni. Oppure sono già grandi, magari hanno fratelli e devono essere accolti insieme: quasi sempre si tratta di bambini e ragazzini che mettono alla prova in modo duro chi li accoglie. O, ancora, sono neonati venuti al mondo prematuri, in crisi di astinenza, con disabilità. La MammeMatte – che è il soprannome che si sono date le persone iscritte all’associazione M’aMa-Dalla parte dei bambini – sono oramai qualche migliaio in tutta Italia e sono seguite e formate dai servizi sociali territoriali, perché ne serve di preparazione per fare spazio nella propria casa a un bambino o un ragazzo con bisogni tanto speciali.
I pregiudizi sugli aspiranti genitori affidatari
Le Mamme matte lavorano anche per abbattere i pregiudizi: secondo la legge italiana, infatti, possono diventare genitori affidatari tutti, persone single, coppie sposate e che non lo sono, che hanno già figli o non li hanno, omosessuali o eterosesessuali. All’atto pratico, però, quando è il momento di decidere sull’affido, raramente le istituzioni scelgono un single o una coppia omosessuale. «E questa è un’incredibile incongruenza, visto che tutti, ma proprio tutti questi aspiranti genitori seguono la formazione che viene erogata loro dai servizi pubblici territoriali per accogliere i minori», dice Karin Falconi, counsellor professionale e tra le fondatrici delle MammeMatte, ma anche responsabile di AFFIDIamoci, uno spin off di M’aMa-Dalla parte dei bambini, nato per sostenere l’accoglienza da parte dei single e delle famiglia omosessuali. Falconi ha scritto una lettera aperta, per cercare di sbloccare una resistenza che oramai si paga caramente su più fronti, visto che, da una parte, gli istituti sono pieni di ragazzini che aspettano solo una famiglia che vada a prenderli e, dall’altra, tra le Mamme Matte (ma tra loro ci sono anche parecchi PapàMatti) il 25% è rappresentato da persone single e coppie omosessuali preparati per farlo.
“Ricominciamo dall’Affido”
“Ricominciamo dall’Affido, da ciò che è stato decretato con la legge 184 del 1983, secondo cui il “Diritto del minore a crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione (…)”. Ricominciamo da qui, facendo rispettare la Legge esistente, perché ogni bambino abbia finalmente il diritto di crescere in Famiglia e non rischi più di essere istituzionalizzato per anni. Le famiglie ad attenderlo fuori, opportunamente formate sull’affido dai servizi territoriali, ci sono, noi MammeMatte inviamo quotidianamente la loro disponibilità sulle scrivanie di assistenti sociali e giudici, ma non vengono prese in considerazione perché omosessuali o single”, dice l’appello, rivolto a tutte le FamiglieMatte e ai Tribunali e Servizi Sociali di ogni più infinitesimale territorio nazionale.
Nell’appello le Mamme Matte espongono alcuni dati. Per esempio che da marzo 2017 a oggi M’aMa-Dalla Parte dei Bambini, su mandato di Servizi sociali e Tribunali dell’intero territorio nazionale, ha collocato in famiglie affidatarie/adottive 180 minori con bisogni speciali. Solo il 5% di queste erano coppie omosessuali, e solo il 15% single. M’aMa ha un database nazionale di 5000 famiglie affidatarie di cui il 25% è costituito da coppie dello stesso sesso e single, target inutilizzato dagli Enti che hanno in carico i minori. Prosegue, dunque, l’appello: “Alle Istituzioni chiediamo, nel rispetto di quei minori che scrivono al Giudice di volere festeggiare il loro 18° compleanno nella “normalità di una casa” e non in una comunità, di prendere atto delle diverse forme familiari esistenti (omo e monogenitoriali) per garantire ad ogni bambino il diritto di crescere nella Famiglia giusta per lui. La struttura familiare non ha nulla a che fare con la capacità genitoriale. È vero, il bambino ha bisogno di far riferimento al ruolo paterno e a quello materno, ma non è detto che questi si identifichino necessariamente con il genere maschile e quello femminile”.