Dopo le proteste, un gruppo di professionisti del settore ha presentato al Congresso americano un testo per l’inclusione nel dibattito sulle ultime frontiere dell’innovazione
Dopo le proteste contro il riconoscimento facciale ai concerti e gli accesi dibattiti che hanno visto una serie di artisti scagliarsi contro l’AI – in primis la Universal Music – a sostegno della tutela del diritto d’autore, adesso un gruppo di professionisti del settore ha messo a punto una lettera aperta al Congresso americano a difesa delle ultime innovazioni tecnologiche.
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Il contenuto della lettera
Da quanto si apprende leggendo la lettera, i firmatari sostengono che l’intelligenza artificiale, l’apprendimento automatico e gli strumenti algoritmici e automatizzati siano stati utilizzati nella musica, nell’arte e in altri media per decenni. Nonostante questo, dalla lettera emerge, però, che la comunità creativa dovrebbe essere inclusa nei dibattiti sulle regolamentazioni che saranno discusse sull’intelligenza artificiale. «Proprio come le innovazioni precedenti, questi strumenti abbassano le barriere nella creazione artistica rendendo possibile l’adozione di strumenti innovativi anche a coloro che non dispongono di considerevoli mezzi finanziari…» si legge. Allo stesso tempo, «Molti singoli artisti hanno paura di subire ripercussioni se utilizzano questi nuovi importanti strumenti…Sen. Schumer e membri del Congresso, apprezziamo le udienze in corso, gli “Insight Forum” e altre iniziative incentrate sulla regolamentazione dei sistemi di intelligenza artificiale generativa e sappiamo che il vostro obiettivo è quello di essere inclusivi, attingendo da una serie di “scienziati, sostenitori e leader della comunità” che sono attivamente impegnati nel settore. Questo deve significare includere artisti come noi. Vediamo in questo momento un’opportunità unica per modellare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa in modo responsabile… Se si cerca di garantire che la traiettoria rivoluzionaria dell’IA generativa porti benefici all’umanità nel suo insieme, sarebbe una grave svista escludere coloro che nella nostra società lavorano entro il suo potenziale e i suoi limiti».