Dal 5 settembre entra in vigore una norma restrittiva contro gli affitti brevi in una delle città più visitate al mondo. Airbnb ha perso la battaglia legale contro il procuratore Christian Klossner. Per il longform domenicale lo abbiamo incontrato nel suo ufficio a Manhattan
Al quarto piano del New York City Council, il comune di New York, si trova l’ufficio di Christian Klossner. È il direttore dell’Office of Special Enforcement che fa parte dell’ufficio di Criminal Justice della città. È diventato celebre perché sta tentando di regolamentare il mercato degli affitti brevi a New York e quindi si presenta come nemico numero uno della piattaforma Airbnb. Lo incontriamo nel suo ufficio insieme allo staff. È felice di condividere la storia che ha portato la città di New York a diventare un caso studio su come sia possibile regolamentare il mercato degli affitti brevi con una legge molto restrittiva. La Grande Mela riceve circa sessanta milioni di turisti l’anno (New York City ha nove milioni di abitanti) ed è tra le città più visitate al mondo. A questo si aggiunge che negli ultimi anni, New York si trova ad accogliere molti migranti provenienti dal confine con il Messico. Attualmente, diversi hotel sono stati requisiti dalla città di New York per ospitarli. L’offerta ricettiva è carente ed Airbnb è entrato in un mercato prospero. Va inoltre considerato che New York è ancora molto attrattiva per i lavoratori che però non riescono a trovare case in affitto a prezzi accessibili. L’affitto medio di un bilocale a Manhattan è di circa 4mila dollari al mese. «Voglio dire subito che la nostra non è una crociata contro Airbnb, si tratta semplicemente di proteggere la politica abitativa e far rispettare la legge» afferma il procuratore Klossner. L’emergenza abitativa non riguarda solo New York, molte città italiane si trovano nella medesima situazione. Il turismo è in aumento ovunque e per molti proprietari d’immobili è più conveniente affittare la casa per pochi giorni piuttosto che per lunghi periodi garantendo così entrate maggiori. Anche il governo italiano sta tentando di regolamentare il mercato degli affitti brevi con una legge nazionale introducendo un numero minimo di pernottamenti e un registro.
Una lunga battaglia
A New York la storia parte da lontano. Nel 2006 fu costituito l’ufficio guidato da Christian Klossner e nello stesso anno iniziò il processo per regolamentare gli affitti brevi. Nella Grande Mela è illegale mettere un appartamento in affitto su Airbnb o altre piattaforme, per un periodo inferiore ai 30 giorni. Lo si può fare solo se si ospitano fino a due persone all’interno dell’abitazione dove vive anche il proprietario condividendo il soggiorno nello stesso periodo. Niente di nuovo. Couchsurfing, Airbnb, sono piattaforme nate con lo spirito iniziale della sharing economy. Condividere per ottenere vantaggi, il proprietario procurandosi un’entrata extra, l’ospite risparmiando rispetto alle cifre che avrebbe pagato in hotel e allo stesso tempo permettere di socializzare conoscendo persone del posto. Se nel 2023 Airbnb ha fatturato oltre otto miliardi di dollari, probabilmente siamo andati oltre lo spirito originale. La città di New York ha deciso di mettersi contro il colosso degli affitti brevi vista l’emergenza abitativa. L’aumento della domanda turistica stava causando problemi ai cittadini newyorkesi e non era possibile stare a guadare.
In effetti se oggi cerchiamo un appartamento a New York per meno di trenta giorni su Airbnb, non troviamo tantissima offerta ed il perché ce lo spiega il procuratore. «È una storia che ha inizio nel 2003 quando iniziammo a ricevere segnalazioni di vicini di casa che lamentavano rumori molesti durante la notte, feste, persone che arrivavano a tarda notte suonando campanelli sbagliati. Stava accadendo qualcosa». I vecchi vicini di casa, che risiedevano stabilmente nell’edificio, venivano sostituiti da turisti, in pratica interi palazzi convertiti ad hotel. «Non è solo una questione di emergenza abitativa, è anche un tema di comunità. Se non si interviene, si sfalda il tessuto sociale, la comunità, il buon vicinato, il controllo sociale» prosegue Klossner. New York è famosa per i sui community garden che servono per attivare legami sociali di buon vicinato. Con il turismo selvaggio, intere strade in quartieri considerati usualmente residenziali, stavano diventando strutture ricettive cambiando il tessuto sociale. «Nel 2006 abbiamo deciso d’intentare una causa per vietare gli affitti brevi per meno di trenta giorni». All’epoca Airbnb ancora non esisteva ma era possibile comunque pubblicizzare online il proprio appartamento ed affittarlo. «Dicemmo una cosa semplice con quella causa, non puoi cambiare la destinazione d’uso di un immobile. Se è ad uso residenziale non può diventare ad uso temporaneo». Tutto è cambiato quando hanno iniziato a diffondersi piattaforme come Airbnb o Flipkey che con pochi click, davano la possibilità a chiunque di pubblicizzare l’affitto della propria casa. A quel punto era stato aperto il vaso di pandora ed era piuttosto facile arricchirsi attraverso il mercato immobiliare.
Il lupo di Airbnb
Un caso eclatante fu quello di Konrad Bicher, detto anche “il lupo di Airbnb”. Il giovane Konrad arrivato in città nel 2013 cercò di affermarsi nel mondo immobiliare ma trovò subito una falla nel sistema. Affittò una casa nel Bronx dopodiché mise l’appartamento in affitto su Airbnb affittandola ad un prezzo doppio ai turisti mentre lui nel frattempo abitava da amici. Con i soldi guadagnati, iniziò a prendere in affitto altri appartamenti creando utenti falsi su Airbnb per pubblicizzarli. Konrad era arrivato a gestire ben diciotto appartamenti. Si stima che tra il 2019 ed il 2022 abbia incassato l’equivalente di oltre un milione di euro. L’impero che aveva costruito crollò allo scoppio della pandemia quando, non arrivando più turisti, Bicher non riuscì più a pagare gli affitti ed i proprietari, all’oscuro di tutto, si insospettirono. Klossner ricorda poi il caso eclatante che ha riguardato Max Beckman. L’ex agente immobiliare è riuscito ad avviare un business milionario attraverso una società che gestiva 130 appartamenti generando un giro d’affari da 20 milioni di dollari. «Erano stati aperti vari fake account sulla piattaforma che però riportavano tutti allo stesso conto corrente. Sapevamo che quella era solo la punta dell’iceberg». La nuova legge del 2016 ha fornito uno strumento in più a Christian Klossner. Prima di allora il responsabile di ciò che accadeva in un edificio era del proprietario, con la nuova legge invece, era possibile perseguire il singolo host su Airbnb. «Il problema era che trovavamo diversi “signor John” che gestivano più di un appartamento. Ma chi si nascondeva dietro John? Come era possibile rintracciare account fittizi?». Perché Airbnb consentiva annunci sulla piattaforma se esisteva una legge che vietava gli affitti brevi? La risposta va ricercata nella legge federale, la Communication Decency Act che di fatto assolve le piattaforme dai contenuti postati dagli utenti, anche se illegali. «Quando abbiamo chiesto i dati degli host ad Airbnb ci siamo resi conto che la piattaforma non verificava gli account, bastava avere un documento d’identità che spesso era fittizio o non corrispondeva al reale proprietario dell’appartamento». Nel 2018, per aggirare il problema della legge federale, il comune di New York ha emesso una legge che chiedeva alle piattaforme di segnalare tutte le transazioni di affitti di breve periodo sotto i trenta giorni. Airbnb si è appellata a questa decisione rifiutando di fornire le informazioni. Klossner non si perso d’animo e la città di New York è giunta ad un compromesso con la piattaforma. «Abbiamo detto ad Airbnb di segnalare soltanto le informazioni di chi commetteva illeciti. Non eravamo interessati ad avere informazioni di chi affittava una stanza all’interno della propria abitazione. Siamo andati anche oltre. Abbiamo detto ad Airbnb che anche chi affittava la casa per quattro giorni a quadrimestre poteva non mandare informazioni. A noi interessavano i pesci grossi» dice Klossner. Questo approccio ha permesso alla città di New York di ricevere nel 2020 le informazioni di host illegali.
Una città da 43mila host
Da quel momento Airbnb, ogni volta che l’host apriva un account, informava l’utente che avrebbe dovuto fornire l’autorizzazione a trasmettere i propri dati alla città di New York. In caso di mancata accettazione, l’host sarebbe stato automaticamente autorizzato ad offrire soggiorni solo oltre i trenta giorni. Nel 2021 il comune ha iniziato a raccogliere le informazioni degli host. Per avere un’idea di quello che accade sul mercato degli affitti brevi basta andare sul sito investigativo Inside Airbnb creato dall’attivista Murray Cox. La piattaforma incrocia i dati di Airbnb con quelli di pubblico dominio con l’obiettivo di mappare le attività illegali. Risultano ben 43.566 host a New York di cui il solo un 40% affitta una parte della propria casa. Da quando è entrata in vigore la legge, molti di questi host risultano inattivi. Oggi la legge parla chiaro. È possibile ospitare persone per meno di trenta giorni solo se il proprietario, vive nella medesima abitazione condividendo gli spazi con un massimo di due persone. «La città ha approvato una legge che impone agli host di registrarsi per operare sulle piattaforme come Airbnb. È vietato effettuare transazioni per attività non registrate». Il motivo non è solo quello di scoprire attività illegali ma anche di garantire la sicurezza degli ospiti. Uno dei primi casi di Klossner fu proprio contro un utente che aveva deciso di mettere su Airbnb la propria cantina che era inabitabile, non aveva uscite di sicurezza e sistema antincendio. «In questi anni sono stati sottratti al mercato circa 18mila appartamenti a New York e questo ha generato problemi sociali, insicurezza, segnalazioni di vari tipo, attività illecite. Era necessaria una regolamentazione non solo per una questione di emergenza abitativa».
Ora a New York cambierà tutto?
La legge che obbliga l’host a registrarsi presso un pubblico registro è entrata in vigore a marzo di quest’anno ed Airbnb ha presentato ricorso in appello. Poche settimane fa il ricorso è stato respinto e la legge entrerà ufficialmente in vigore il prossimo 5 settembre. Il tribunale statale di Manhattan ha ritenuto giusto che la città adotti misure per combattere la proliferazione di offerte illegali e l’aumento del prezzo degli affitti convenzionali. Theo Yedinsky, Global Policy Director di Airbnb ha dichiarato che l’entrata in vigore della norma cittadina assesterà un duro colpo al turismo avendo un impatto sui residenti non centrali che dipendono dalle loro case per integrare il proprio reddito. Per capire l’efficacia delle legge, sarà necessario attendere del tempo. Basterà una legge ad invertire la tendenza speculativa del mercato immobiliare? New York può diventare un interessante caso studio per molte altre città.