Le startup in Italia hanno raccolto meno dell’1% del capitale investito a livello europeo. Come si fa a invertire la rotta? Il rischio è lasciare il mercato alle scaleup estere
«In Italia la cultura assicurativa è tra le più basse al mondo. In genere le persone non sanno cosa possono assicurare e cosa dovrebbero assicurare. Una delle ragioni è senz’altro la scarsa digitalizzazione. Eppure il Paese ha un potenziale enorme». In questa intervista a StartupItalia, Simone Ranucci Brandimarte, Presidente della Italian Insurtech Association (IIA), è partito dai recenti numeri pubblicati sull’ecosistema. Potremmo definirla una nicchia: sono le aziende innovative che stanno digitalizzando l’offerta assicurativa, talvolta convincendo le grandi compagnie su percorsi di open innovation. «Oltre il 95% dei prodotti in Italia viaggia ancora su piattaforme non digitalizzate». Il percorso è in salita e nella competizione IIA non usa mezzi termini: siamo il fanalino di coda dell’Europa per quanto riguarda l’insurtech. Vediamo dunque insieme i numeri per poi commentarli insieme all’esperto.
Insurtech Italia: non benissimo
Secondo i dati raccolti da IIA su 300 round di investimenti che hanno interessato startup insurtech in Europa dal 2020 al 2023 appena il 5% ha coinvolto aziende del nostro Paese. E le cose non migliorano nemmeno quando si parla di cifre: i capitali investiti sono stati meno dell’1% del totale. Da qui emerge un elemento emergenziale: l’82% delle 111 startup operanti in ambito insurtech in Italia, mappate da IIA, ritengono fondamentale aumentare la raccolta di capitali per continuare a operare.
Con solo 13 deal annunciati sul territorio nazionale e 38 milioni di euro investiti dal 2020 a oggi, l’Italia resta indietro rispetto ad altri contesti europei dove invece gli investimenti nel settore hanno registrato nel 2022 crescite tra il 22% e il 32%. Francia, Germania e UK ospitano gli ecosistemi più vivaci e dinamici in termini di tecnologie e capacità di investimento. In questo scenario, secondo Brandimarte di IIA una responsabilità è da imputare anche alle compagnie assicurative italiane. «Investono col contagocce. Bisogna invece puntare sull’innovazione anche se questo ha un impatto forte sui dividendi».
Lo status quo in cui è intrappolato l’ecosistema italiano potrebbe comunque essere presto travolto, con l’arrivo per esempio di grandi competitor europei, pronti ad aggredire il mercato con soluzioni assicurative su misura per singole fasce di clientela. A rischio c’è l’opportunità per le nostre startup di rimanere escluse dalla partita.
Il gioco dei grandi
«Credo che la digitalizzazione nel mercato assicurativo arriverà molto velocemente. Nel banking ha impiegato 15 anni. A fronte di questa evidenza il comparto assicurativo deve intraprende un percorso di cambiamento su formazione, creazione di nuove competenze e investimenti su digitale e tecnologie». Brandimarte spiega che le strade sono due: o si investe internamente oppure si sceglie la strada dell’open innovation, contaminandosi. «I grandi gruppi come Allianz, Axa, Zurich hanno investito miliardi in startup e non per averne un immediato ritorno economico. Non riesco a capire come mai dopo aver assistito alla digitalizzazione di tantissimi settori, non sia chiaro a tutti che avverrà la stessa cosa anche in quello assicurativo».
Nel 2022 in Italia gli investimenti in startup insurtech sono rallentati, con appena 10,1 milioni investiti. Il confronto con la Francia è impietoso: lo stesso anno le colleghe d’Oltralpe hanno raccolto 420 milioni di euro. «Le compagnie italiane – prosegue Brandimarte – devono smetterla di ragionare in un’ottica manageriale. La questione ha a che fare con gli stakeholder».
Il treno dell’insurtech non rimarrà in stazione a lungo ad attenderci. Perdere questa corsa significherebbe lasciare una fetta della torta (che ci potrebbe spettare) agli altri, senza nemmeno prendere parte alla festa. «Negli ultimi 30 mesi sono arrivati in Italia 50 player assicurativi internazionali. Mai successo prima». Una soluzione per fare il gioco dei grandi? «Rendere più cool il settore insurtech».