Un’applicazione geolocalizza food truck e apecar: dietro c’è una startup che cresce a dismisura e si dice pronta a prendersi il mercato italiano ed europeo
“Sono vent’anni che giro per l’Italia, muovendomi tra marketing non convenzionale (sua l’idea dell’EscalAction, sticker pubblicitari sui corrimano delle scale mobili), moda, teatro, doppiaggio”. A parlare è Giuseppe Castronovo, founder di StreetEat, che, nonostante sia stata lanciata solo a maggio pensa, lavora e si comporta già da grande società.
Come nella migliore e delle più abusate delle tradizioni, l’idea nasce dall’osservare le situazioni di tutti i giorni, un po’ per caso, un po’ per mera creatività. “Un imprenditore, titolare di un ristorante che frequento spesso cercava un consulente di marketing perché voleva affiancare un food truck al suo locale.” Mission non facile per una persona esterna al settore, ma non per chi sa far lavorare armonicamente il proprio lato creativo, proveniente dalla natia Agrigento pirandelliana, con lo schematismo pragmatico appreso da Milano, città d’adozione.
Geolocalizzare il cibo di strada
Giuseppe studia, analizza case history simili di matrice statunitense ma, soprattutto, si guarda appunto intorno. Esce la sera, non ha voglia di prendere i mezzi a tarda notte, estrae il cellulare, apre un’applicazione per il car sharing, una delle più diffuse. E ha l’idea alla base di Streeteat. Sviluppare una app minimale, differente da quelle opulente e fin troppo generose in tema di funzionalità e alternative che affollano i nostri smartphone, in grado di geolocalizzare i food truck.
Presenta così all’imprenditore di cui sopra, dopo qualche giorno, una controproposta ben diversa da quanto egli gli aveva chiesto. E ha ragione, visto che perde un cliente ma trova un socio investitore, in grado di versare nelle casse della neonata startup i fondi necessari per iniziare. “Oggi dentro il progetto Streeteat, tra interni e collaboratori, lavorano dieci persone. Siamo ben strutturati: c’è chi si occupa dei social, chi dello sviluppo e dell’aggiornamento dell’applicazione, chi del marketing. Abbiamo anche un CMR interno (Customer Relationship Management). Esiste forse qualche startup in Italia che può vantarne uno? Noi intanto siamo pronti per scalare il mercato“.
All’estero entro il 2015
E il lavoro di questi pochi mesi già lo testimonia. Streeteat brucia le tappe. In Spagna e Inghilterra è già presente, anche se non operativo: si parla comunque di un probabile lancio all’estero entro la fine del 2015. I food truck che, dietro il pagamento di una fee annuale sono indicizzati dal database dell’app sono oggi, dopo poco più di un mese, una cinquantina e crescono di giorno in giorno, seppur lentamente. “Quello che vogliamo offrire” continua Giuseppe “è un servizio di qualità: non accettiamo tutti i truck, vogliamo solo i migliori, è la nostra filosofia. Si tratta di rendere un servizio migliore anche all’utente finale, permettendogli di essere indeciso solo tra le offerte migliori e le materie prime più genuine.”
Dal food truck al catering
Ma Streeteat, per ammissione del suo fondatore, non si ferma qui. A settembre, promette, verrà lanciato un prodotto innovativo che lo trasformerà in qualcosa di più completo e prezioso. Un network, un social in scala ridotta altamente esclusivo, attraverso il quale i gestori potranno essere non solo geolocalizzabili, ma anche diventare un vero e proprio servizio di catering per feste aziendali e private, grazie ai contatti dell’app stessa.
Un servizio innovativo dunque, che potrebbe rivelarsi fondamentale per chi, conclude Giuseppe “ha saputo cambiare, ha scelto la libertà rappresentata da un furgoncino, da un’attività che si muove e sa trasformarsi, ben differente alla vita d’ufficio alla quale molti dei nuovi gestori di food truck erano abituati”.