“L’energia di cui abbiamo bisogno è tutta intorno a noi.” Il progetto prevede di utilizzare nel processo le stesse macchine utilizzate per la stampa su larga scala e alimentare l’Internet of Things. E ha già dato vita a una startup
Celle fotovoltaiche fatte di plastica, come una bottiglietta d’acqua. E stampate come un comunissimo giornale. Sembra impossibile ed invece Marco Carvelli, ricercatore presso l’Istituto di Tecnologie di Genova, sta lavorando già da qualche anno sul progetto Solar Print. Obiettivo: realizzare celle fotovoltaiche stampabili, ecologiche ed economiche. Senza l’utilizzo di silicio, perché fatte di composti del carbonio. Proprio come il Pet, polietilene tereftalato. Esattamente il materiale di cui sono fatte le bottiglie d’acqua.
In questo modo, un domani potremo generare energia autonomamente laddove ne abbiamo bisogno, grazie a questi leggerissimi fogli cattura energia, che per il costo contenuto e la loro leggerezza sono potenzialmente in grado di ricoprire qualsiasi oggetto. “Stiamo sostanzialmente cercando di realizzare una via innovativa all’alimentazione dell’Internet of Things”, dice Carvelli. In un futuro non così lontano, pannelli fotovoltaici sottili, pieghevoli e semi-trasparenti saranno in grado di “avvolgere” anche un intero edificio. Abbattendo così i costi degli attuali pannelli, limitandone il peso – 15-20 kg al metro quadro contro poche centinaia di grammi del Solar Print – e il problema dell’impatto architettonico, che verrebbe risolto grazie all’applicazione di questi speciali fogli, sottili e trasparenti.
Come funziona il Solar Print
Per arrivare al risultato, il gruppo di lavoro guidato da Carvelli ha applicato la propria tecnologia alle tecniche di stampa. “L’ingegnerizzazione di questo processo è complessa”, sottolinea Carvelli, “perché la cella ha uno spessore inferiore al milionesimo di metro e occorre lavorare con una precisione alla quale le arti grafiche non sono abituate”.
Il gruppo di ricercatori del Center for Nano Science and Technology dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Milano ha di fatto introdotto nel macchinario una bobina di Pet, su cui sono stati depositati speciali inchiostri polimerici. Le celle organiche Solar Print infatti utilizzano delle soluzioni realizzate con nano particelle di argento (o di un altro conduttore), che hanno lo scopo di convertire la luce in piccole cariche elettriche. In questo modo il film di plastica stampabile sarà in grado di autoalimentarsi, catturando la luce dal sole così come da semplici lampadine. Questo permetterà di fornire elettricità anche a dispositivi presenti all’interno di un’abitazione o di un ufficio, come sensori antifurto o piccoli display, che potrebbero ricavare energia non più da batterie o fili ma dall’energia delle lampade accese. “Molte aziende sono illuminate 24 ore su 24 e anche diversi uffici tengono le luci accese dalla mattina alla sera”, ricorda Carvelli. “Perché non sfruttare questa illuminazione per alimentare una serie di dispositivi interni?”. Per rispondere a questa domanda, ha deciso di fondare una startup – Ribes Technologies – e sta lavorando insieme alla Omet, azienda di Lecco specializzata nella produzione di macchine da stampa industriali, sulla sperimentazione e il futuro sviluppo commerciale del prototipo.
L’energia di cui abbiamo bisogno è tutta intorno a noi
Le stesse macchine utilizzate per la stampa su larga scala, già oggi possono essere convertite per stampare celle fotovoltaiche leggere, trasparenti e riciclabili. In futuro dunque, i nostri smartphone potranno ricaricarsi in modo continuo grazie a celle fotovoltaiche stampate sulle loro parti plastiche. Si potranno inserire celle colorate in facciate, vetrate o elementi di arredo per alimentare la sostenibilità abitativa. “Le applicazioni più vicine al mercato sono domotica, Internet of Things, applicazione industriale indoor”, ci dice Carvelli. E si pensa già alla realizzazione di pannelli fotovoltaici organici così flessibili da poter “avvolgere” interi edifici. Ma per questo obiettivo bisognerà pazientare un po’, perché “le celle devono avere una durata temporale di 25-30 anni, mentre allo stato attuale della ricerca è difficile arrivare a un tempo di vita superiore ai cinque”.
Dall’Internet of Things ai circuiti elettronici organici
E non è tutto. Sempre al Center for Nano Science and Technology stanno studiando la possibilità di integrare circuiti elettronici organici su supporti che spaziano dal PET alla carta. Questo vuol dire che, tra qualche anno, sarà sufficiente una comune macchina da stampa per realizzare circuiti elettronici stampati a basso costo. I ricercatori prevedono che una delle future applicazioni di questa tecnologia sarà proprio il fotovoltaico organico. Immaginate un giornale che integri una cella solare in grado di alimentare le sue componenti interattive, come videoclip o animazioni. O anche etichette intelligenti, flyer pubblicitari con immagini animate e video. E perché no, smartphone, tablet e pc con display flessibili, trasparenti e ripiegabili. Certo, in questo campo non è possibile ancora ottenere performance comparabili con quelle della tecnologia a silicio monocristallino. Ma il Solar Print è già impiegato nella ricerca per alimentare questi circuiti elettronici organici, potenzialmente in grado di rendere reale nel prossimo futuro ciò che credevamo solo fantascienza.