Sono disponibili su Facebook e Instagram i brani di artisti amministrati dal competitor della SIAE, mentre sono ancora escluse le canzoni con diritti condivisi, la nostra intervista esclusiva al papà della società che ha riscritto le regole del gioco sul diritto d’autore negli anni connessi
Il nuovo capitolo della diatriba fra Meta e Siae si è scritto giovedì 30 marzo. Durante l’audizione alle commissioni Cultura e Trasporti della Camera, Angelo Mazzetti, responsabile degli affari istituzionali di Meta per Italia, Grecia, Malta e Cipro, ha specificato il motivo che, stando a quanto sostenuto dalla compagnia di Zuckerberg, avrebbe fatto arenare la trattativa per il rinnovo dell’accordo di licenza riguardo all’utilizzo della musica su Instagram e Facebook. La ragione è economica: la Società italiana degli auditori ed editori avrebbe chiesto un aumento di quattro volte rispetto all’importo concordato fino al 2022 e si sarebbe rifiutata di accettare qualsiasi offerta comunque inferiore a un incremento del 310%.
All’audizione alla Camera, oltre ai rappresentanti della multinazionale californiana e della Siae, c’era anche Davide d’Atri, Ceo di Soundreef – la seconda società italiana di gestione collettiva di diritti d’autore per numero di artisti e autori amministrati -, che ha evidenziato come il problema della carenza nella condivisione dei dati tra collecting society e utilizzatore sia più vasto rispetto alla vicenda in questione e diffuso per molte altre piattaforme.
Soundreef, nata come startup nel 2011 a Londra ma con domicilio fiscale in Italia, rappresenta oltre 43mila autori, compositori ed editori, di cui 26mila italiani. Per fare un confronto con la realtà di riferimento, Siae gestisce i diritti di oltre 100mila artisti. Nel 2020, la compagnia fondata da Davide d’Atri e Francesco Danieli, attiva in circa 90 Stati, è entrata a far parte della Confederazione internazionale delle società di autori e compositori, un’organizzazione internazionale non governativa che riunisce oltre 230 collecting society in più di 120 Paesi nel mondo e propone standard internazionali per la tutela del diritto d’autore.
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«Trattative come quella tra Meta e Siae seguono due direttrici fondamentali», sottolinea d’Atri. «La prima relativa proprio allo scambio di informazioni riguardo all’utilizzo dell’opera e ai ricavi della piattaforma con i collecting. Il secondo aspetto è puramente economico. A meno di casi estremi, non si interrompe mai una negoziazione di questo tipo per una mancanza di disponibilità a comunicare i dati».
Piuttosto, prosegue l’ad di Soundreef, «si tende a sopperire a questa carenza con una remunerazione migliore, pur consapevoli di quello che la controparte può arrivare a offrire e oltre la cui soglia non può spingersi. Al contempo, si cerca un’intesa con la piattaforma per migliorare la condivisione dei dati in un lasso di tempo stabilito». In sostanza, si tratta di «accompagnare l’utilizzatore in un processo lungo qualche anno, per portarlo a concedere quello che oggi non può dare».
Siae sostiene che il motivo dello stallo sia proprio la mancata condivisione dei dati, alla luce della direttiva europea sul copyright.
Mi sembra molto difficile possa essere così. Siae ha scelto di negoziare da sola, invece di unirsi ad altre società, come di solito avviene in Europa, per trattare in maniera più efficiente. Questa sembra una precisa scelta commerciale ed è probabile che la trattativa sia saltata per un mancato accordo dal punto di vista economico, tra chi ha chiesto troppo e chi ha offerto poco. Per di più, guardando al panorama delle piattaforme online, ce ne sono alcune che, a quanto ci risulta, rendono accessibili molti meno dati di quanto faccia Meta.
“Ci risulta che piattaforme come Amazon Prime Video e Netflix offrano meno dati di Meta, eppure Siae ha contratti con entrambe“
Ad esempio?
La collecting society Lea (Associazione liberi editori autori, ndr) ha depositato una causa contro Amazon Prime Video e un’altra associazione, Artisti 7607 ha dichiarato di voler fare causa a Netflix, proprio per l’incompletezza dei dati comunicati. Questi servizi di video on demand offrono pochissime informazioni, non metterei quindi Meta tra gli utilizzatori più restii a scambiare i dati con le società di gestione dei diritti d’autore. Eppure, con entrambe le piattaforme Siae ha firmato dei contratti.
Come si può ovviare a questa carenza e strappare condizioni migliori?
Innanzitutto, con la consapevolezza che la raccolta e la distribuzione online della musica sono attività caratterizzate da un tasso tecnologico molto alto.
Cioè?
A prescindere dalla cifra che si ottiene dagli accordi con le piattaforme, in Soundreef abbiamo visto che è possibile aumentare gli introiti di autori e compositori disponendo di strumenti incentrati sul metadata enrichment, la gestione dei conflitti, l’ambito pubblicitario e di marketing e una distribuzione a valle dei ricavi in maniera analitica e veloce. Forti di queste prerogative, è possibile sedersi al tavolo negoziale con una tranquillità diversa. Nel nostro caso, con Meta abbiamo un accordo che ci soddisfa, siglato insieme a partner europei e americani, attraverso l’associazione di gestione di diritti Mint, seguendo una visione internazionale sulla quale la società è impostata.
“Mint è un’organizzazione internazionale creata dalla collecting society statunitense Sesac e dalla svizzera Suisa, a cui ricorrono diverse società di gestione dei diritti d’autore e della quale Siae non fa parte”
Intanto, l’unica musica italiana tornata disponibile è quella degli artisti Soundreef. Cosa ne è del catalogo condiviso con Siae?
Quei brani al momento restano esclusi dai servizi di Meta ed è un problema molto importante per autori e compositori. Un motivo fondamentale affinché le due parti coinvolte riprendano le negoziazioni e trovino una soluzione.
Quanto pesano per voi i brani di autori iscritti sia a Siae, sia a Soundreef?
Non posso fornire il valore esatto, ma la percentuale del repertorio gestito dalla nostra compagnia tornata disponibile su Instagram e Facebook è bassa rispetto al totale.
A pagare sono musicisti e case discografiche, rimasti senza un veicolo importante per la promozione delle loro opere.
Il problema è duplice. Le piattaforme Meta contano circa per il 10-15% sul rendiconto online di un autore o un compositore, una porzione comunque significativa delle loro entrate. Ora, però, la prima preoccupazione per gli artisti non è questa, quanto piuttosto il fatto di trovarsi impossibilitati a lanciare un singolo o un disco su una storia o su un video caricato sulle piattaforme interessate. Sono danni indiretti molto gravi anche per altri attori dell’industria discografica, come i produttori. Più questa situazione si protrarrà nel tempo, maggiori saranno le difficoltà pratiche a cui andranno incontro.
Resta da capire da che parte stiano gli artisti coinvolti.
Alcuni hanno rilasciato dichiarazioni a favore di Siae e ritengo sia una scelta normale e doverosa. La collecting society ha una funzione per alcuni tratti simili a un’organizzazione sindacale ed è corretto fare squadra in momenti simili. La maggior parte degli autori e compositori resta comunque alla finestra, cercando di capire l’evolversi della vicenda e farsi un’opinione più approfondita.
“In questo momento, stiamo assistendo a un aumento degli iscritti a Soundreef”
C’è chi, a seguito di quanto accaduto, ha deciso di passare a Soundreef?
In questo momento, stiamo assistendo a un aumento degli iscritti ed è possibile che questa tendenza prosegua. In ogni caso, nel corso degli anni, il numero degli associati a Soundreef è cresciuto in maniera costante, a prescindere da situazioni specifiche.
Guardando ai prossimi passi, come potrà sbloccarsi la trattativa?
La prima condizione necessaria è che vengano abbassati i toni della discussione. Noto invece, in questi giorni, una tendenza a utilizzare ancora atteggiamenti strillati e slogan che possono incuriosire qualche esponente politico, ma non sono utili per autori, compositori ed editori e non favoriscono la chiusura di un accordo.
Il governo si è schierato in difesa di Siae, condannando l’arroganza di Meta e ponendosi a difesa di quella che è stata definita la creatività nazionale.
Il miglior modo di tutelare gli editori e i compositori italiani è riconoscere che ci troviamo a operare in un contesto molto più ampio di quello nazionale. Per questo, occorre difenderne gli interessi sul mercato internazionale, attraverso standard comuni e modalità in grado di adattarsi a un quadro mondiale o quantomeno europeo. Aprirsi e confrontarsi con un ambiente più ampio rispetto al proprio giardino è utile anche per le stesse collecting society.
Imparare quindi a rapportarsi in un mercato globale e concorrenziale.
Oggi, le licenze per l’online sono paneuropee. Di conseguenza, è inevitabile che ci sia una concorrenza da aziende anche estere. Si tratta però di un fatto positivo e stimolante. Ritengo che la stessa Siae si sia rinnovata e sia migliorata da quando ha iniziato a confrontarsi con la nostra presenza.
“Le trattative con gli utilizzatori sono tese, chi negozia con professionalità sa fino a dove può spingersi”
Sul tema della trasparenza nello scambio dei dati fra piattaforme e le collecting society Agcom e la politica dovrebbero intervenire?
Le authority e il governo potrebbero prendere spunto dalla situazione specifica per affrontare in modo strutturale la questione e chiarire una volta per tutte come e in che misura gli utilizzatori debbano condividere i dati con le collecting. Un intervento di questo tipo sarebbe molto apprezzato e andrebbe a beneficio di tutte le società interessate.
Questa vicenda potrà insegnare qualcosa anche agli altri gestori dei diritti d’autore?
I temi al centro di questo episodio sono argomenti già noti a chiunque operi in questo ambito e abbia a che fare con trattative con le grandi piattaforme digitali. Non c’è niente di sorprendente dell’esito a cui si è arrivati: le contrattazioni tra collecting e utilizzatori online sono di solito molto tese, ma chi negozia con professionalità sa fino a dove può spingersi e i casi in cui è inutile farlo, perché porterebbe a un punto di rottura.