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Intervista al Rettore Andrea Prencipe sul modello formativo basato sull’investigazione, per risolvere problemi e preparare i giovani nell’epoca delle crisi complesse
Come costruire la classe dirigente del futuro e selezionare i talenti in una società che sta vivendo un cambiamento epocale? In che modo si possono governare l’avvicendarsi delle crisi politiche, sanitarie, energetiche e ambientali, continuative e interconnesse? Le abitudini ossidano come la ruggine, affrontare la complessità odierna affidandosi al consueto: “abbiamo sempre fatto così”, è pericoloso e inefficace. È necessario proporre nuovi modelli formativi in grado di scardinare l’assimilazione passiva dei saperi, offrire un ancoraggio intellettuale basato sulla solidità delle competenze tecniche, abbinate alle human skills e alle competenze intangibili. Vanno formati studenti attivi, seguendo il modello pedagogico “enquiry-based”: ragazze e ragazzi che fanno esperienze, pongono domande, mettono in discussione ciò che apprendono e propongono risposte ragionate. Investigare la complessità per tradurla, senza semplificarla. Sono queste le coordinate dell’offerta formativa dell’Università Luiss Guido Carli per l’anno accademico 2023-2024.
Per le candidature per le Lauree Triennali e a Ciclo unico, la scadenza è fissata mercoledì 8 febbraio. Aspiranti economisti, scienziati politici e dei dati, giuristi e futuri ambasciatori potranno misurarsi con il test di ammissione online tra il 20 e il 24 febbraio 2023.
Venerdì 3 febbraio (ore 10) nella sede di Milano Luiss Hub, verrà presentata l’offerta formativa dei corsi di Laurea Magistrali, un’occasione per spiegare il modello Luiss Enquirer, condividendo i pensieri e le esperienze pratiche per la formazione dei professionisti di oggi e del futuro (per partecipare).
Abbiamo approfondito la nuova offerta formativa e il metodo investigativo enquiry-based, con Andrea Prencipe, Rettore Luiss dal 2018.
Professor Prencipe, nel mondo caratterizzato da continue crisi di varia origine, come si posiziona l’offerta formativa dell’Università Luiss Guido Carli?
“Nel contesto attuale le crisi sono talmente complesse, interconnesse e rapide, come ci ha insegnato la recente pandemia, da rendere impossibili soluzioni particolari e definitive. L’Università e gli educatori si confrontano con difficoltà che sembrano insormontabili, non potendo fornire risposte adeguate alle crisi che si susseguono ormai ininterrottamente. Ma l’ancoraggio intellettuale e i nuovi modelli formativi sono la migliore risposta per governare cambiamenti così impattanti, pervasivi e trasversali”.
In cosa si caratterizza la vostra offerta formativa?
“Gli elementi fondamentali sono l’ampiezza e la contaminazione dei saperi che caratterizzano le nostre lauree triennali, fortemente multidisciplinari e interdisciplinari. Gli studenti devono necessariamente acquisire un set di conoscenze molto largo, per affrontare le sfide professionali del futuro. Siamo consapevoli che i format non possono essere uguali a quelli proposti prima della crisi economica del 2008, o a quelli precedenti la diffusione del covid nel 2020, perciò abbiamo ripensato la filiera educativa, dai bachelor fino ai PhD, con dei contenuti molto specifici”.
Una proposta formativa che risponda all’evoluzione del mondo del lavoro e alle crisi complesse?
“Non sarà sufficiente sapersi adattare alle situazioni, come spesso sento dire, per affrontare le sfide i nostri studenti dovranno governare problemi complessi. Perciò le nostre Lauree Triennali di primo livello sono ampie e ricche di stimoli multidisciplinari, mentre quelle specialistiche svolgono una funzione professionalizzante. La dimensione generalista che si acquisisce consente ai ragazzi di interagire ad alti livelli con altri esperti, mantenendo una certa flessibilità intellettuale per evitare la specializzazione fine a sé stessa”.
Il 95% dei vostri studenti trova occupazione ad appena un anno dal conseguimento della Laurea. Circa un diplomatico su tre si è laureato nella vostra Università. Come riuscite a intercettare le opportunità offerte dal mondo del lavoro?
“Il nostro modello educativo consente di scalare velocemente le gerarchie aziendali e organizzative, proprio grazie alla capacità e all’intraprendenza dei nostri studenti, nel governare i processi e la complessità. La cassetta degli attrezzi che apprendono in Luiss offre la possibilità di reinventare o inventare nuove professioni, durante il loro percorso di carriera”.
“L’ancoraggio intellettuale e i nuovi modelli formativi sono la migliore risposta per governare cambiamenti così impattanti, pervasivi e trasversali”
Come si declina la trasmissione dei saperi in Luiss?
“Lavoriamo su diverse declinazioni dei saperi, per sviluppare competenze. Al “saper fare” e ai laboratori di apprendimento esperienziali in collaborazione con imprese private e istituzioni pubbliche, aggiungiamo la dimensione del “saper essere”, sul quale puntiamo moltissimo attraverso le attività extra curriculari per sviluppare human skills. Poi c’è una terza declinazione, non meno importante, che è quella del “saper diventare” e che caratterizza il nostro modello definito enquiry-based”.
In cosa consiste?
“Secondo questo modello, ragazze e ragazzi diventano attori co-responsabili dello sviluppo di nuove conoscenze imparando a formulare domande, ipotizzare scenari e ad elaborare soluzioni a problemi da risolvere, grazie a un approccio interdisciplinare e al rigore della ricerca scientifica. In questo modo favoriamo un insegnamento acquisitivo, non passivo”.
Interrogare la realtà, prima ancora di fornire risposte. Un’evoluzione del problem solving?
“Al problem solving aggiungiamo il problem framing. I ragazzi della generazione Z hanno di fronte prospettive di vita e di carriera molto lunghe, perciò serve una dotazione intellettuale che consenta di interrogare la realtà nel lungo periodo. Il modello enquiry-based consente di sviluppare un mindset sperimentale e investigativo per scrutare la complessità. Chi vuole entrare nel nostro Ateneo deve sapere che per accedere ai corsi bisogna essere bravi a fornire le risposte corrette durante i test di ammissione, ma una volta entrati bisogna imparare a porre le domande giuste per risolvere i problemi. Gli studenti non possono essere dei ricettori passivi di informazioni, sono loro a vedere il futuro in anticipo, perciò nel processo di generazione del sapere alla Luiss, ci aspettiamo la partecipazione attiva dei nostri ragazzi”.
Una sperimentazione continua, mente aperta, sempre pronti a rivedere le ipotesi di partenza…
“Il mindset deve essere quello dello scienziato, per questo insegniamo il metodo scientifico per inquadrare correttamente i problemi. I ragazzi devono imparare a pensare come gli scienziati, e agire come i professionisti”.
Luiss vanta un forte legame con il mondo delle imprese. Come si inserisce il vostro modello formativo nei percorsi occupazionali?
“I nostri partner industriali condividono dei temi generali che noi inseriamo in un problem framing: così facendo gli studenti con la loro visione orientata al futuro, identificano i problemi fondamentali e provano a risolverli. In questo modo il sapere si trasforma in soluzione concreta”.
NEET, acronimo di Not in Education, Employment or Training. Giovani che non studiano non frequentano corsi di formazione e non lavorano. Quali sono le vostre proposte?
“Non siamo insensibili ad un problema così difficile e diffuso. Una prima risposta è lo stanziamento di circa 1.300 borse di studio per famiglie svantaggiate per l’anno accademico in corso e per il prossimo. Inoltre, abbiamo portato in Italia la “Ecole42”, innovativa scuola di coding senza professori, ne rette e né titoli di studio. Abbiamo aperto 42 Roma Luiss, poi seguita da 42 Firenze Luiss by FCRF: un percorso per formare una nuova generazione di giovani professionisti del digitale, in grado di guidare la transizione di imprese e PA”.
Alla Luiss si studiano le scienze sociali, ma la gestione strategica dell’innovazione tecnologica è fondamentale. Lei ha portato qui il padre dell’open innovation, Henry Chesbrough e la distanza che separa l’intelligenza umana da quella artificiale è sempre più breve. State predisponendo dei corsi di Laurea specifici?
“Già da qualche anno abbiamo ritenuto indispensabile investire sull’intelligenza artificiale e sui big data. Ormai sei anni fa abbiamo assunto il primo professore di “Computer science” e ora disponiamo di 10 professionisti (professori, ricercatori, e studenti PhD) impegnati nelle aree della data science e intelligenza artificiale, con l’obiettivo di contaminare tutti i nostri corsi di studio. Oggi uno studente di Giurisprudenza o Scienze Politiche deve assimilare anche nozioni di coding. Ancora una volta a prevalere è la nostra impostazione interdisciplinare. Fino a qualche anno fa era richiesto di saper dialogare con gli esperti di tecnologie, ora invece bisogna dialogare con le macchine intelligenti. Perciò abbiamo organizzato una filiera ibrida, a cavallo tra management e computer science, e da settembre scorso si tiene un PhD in cybersecurity in collaborazione con la Sapienza Università di Roma. Tuttavia, restiamo convinti che le competenze digitali e tecnologiche non possano fare a meno degli studi umanistici. A dicembre abbiamo lanciato una call internazionale per 35 nuovi professori, 3 dei quali saranno dedicati agli insegnamenti umanistici, obbligatori per i nostri studenti”.
Cosa ne pensa del fenomeno dei cervelli in fuga all’estero?
“I ragazzi della generazione Z non pensano sui confini nazionali, come minimo sono infatti cittadini europei di nazionalità italiana. Per loro è praticamente uguale studiare e lavorare in altri Paesi, fuori dall’Italia. Però è molto importante creare condizioni attrattive per studenti e docenti non italiani, provenienti da tutto il mondo. In Luiss abbiamo docenti di 20 nazionalità e abbiamo fatto rientrare 20 ricercatori italiani che lavoravano dall’estero. La buona progettualità attira le professionalità, un discorso che vale nelle Università e anche nelle imprese”.