Rischiava di estinguersi perché poco redditizio e prolifico. Grazie alla tenacia di giovani agricoltori diventati startupper la specie lucana è ritornata a popolare i boschi della Basilicata, creando reddito e riducendo le emissioni di C02.
Lo davano per spacciato. Fino a 12 anni fa restavano poche decine di capi di suino nero lucano. Era destinato a estinguersi perché poco redditizio e prolifico, nonostante l’ottima qualità delle sue carni e degli insaccati. Doveva essere allevato allo stato brado e raggiungeva, dopo 2 anni, massimo un quintale e mezzo. Decisamente poco competitivo se paragonato ai suoi simili cresciuti in allevamenti intensivi. Una filiera sostenibile, promossa nel 2011 e che digitalizzazione, e-commerce, nuove tecnologie e partnership strategiche tra startup, centri di ricerca, Università degli studi della Basilicata, investitori pubblici e privati hanno portato al successo, ha invertito la tendenza a beneficio dell’ecosistema, della salute dei consumatori, del benessere e della sopravvivenza di questa particolare razza.
“I miei nonni mi hanno insegnato che bisogna si accelerare, innovare partendo dalla tradizione ma senza stravolgere l’ecosistema”
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Accelerare si, ma in armonia con la natura
In un mondo frenetico, in cui siamo costretti a viaggiare a velocità siderali, il tempo è il bene più prezioso. Ma bisogna saperne fare buon uso. Accelerando troppo si rischia non solo di lasciare qualcuno indietro o perderlo definitivamente ma anche di non ponderare gli effetti collaterali né di calcolare i danni che un’andatura sostenuta comporta per l’intero ecosistema. Questo non significa che innovazione e tradizione, soprattutto in agricoltura, siano agli antipodi. Anzi. Bisogna trovare il giusto mix. E sembra che l’abbiano trovato i fondatori di BioAgrimar, azienda biologica dell’entroterra lucano, e quelli della startup di Chieti Farm4trade, che, grazie allo sviluppo e all’utilizzo di applicativi digitali in cloud per la raccolta dati e il miglioramento dei processi di gestione degli allevamenti con benefici su tracciabilità e qualità dei prodotti, hanno salvato dall’estinzione il suino nero lucano. Allevato allo stato brado e per questo capace di offrire pregiate carni e insaccati i cui sapori rischiavano di andare persi; il simbolo della Basilicata fino a fine Ottocento stava sparendo.
“La pazienza, la tenacia e l’amore per il territorio e la mia terra – afferma Vincenzo Marottoli, responsabile marketing di BioAgrimar – l’ho ereditata dai miei nonni. Loro mi hanno insegnato che bisogna accelerare si, stare al passo con i tempi ma senza stravolgere l’ecosistema. Bisogna innovare partendo dalla tradizione”.
E proprio da questo prezioso insegnamento ha preso il via l’avventura che vede impegnato l’under30 laureatosi all’Università Cattolica di Milano, la sua famiglia, l’Alsia (Agenzia lucana di sviluppo e di Innovazione in Agricoltura), l’Università di Basilicata e la startup Farm4trade, per dare lustro al suino nero lucano e ai suoi prodotti, ristabilendo gli equilibri di un ecosistema che la logica dell’iperproduttività aveva quasi stravolto.
Un’altra agricoltura è possibile
Il tempo è denaro, è vero. L’iperproduttività non sempre. A testimoniarlo è proprio la storia del suino nero lucano. “Decidere di allevare allo stato brado maiali lucani – prosegue Vincenzo Marottoli – sembrava un azzardo. Rinunciare a 45 ettari di bosco per una razza che impiega due anni per arrivare allo status ideale di macellazione non superando comunque il quintale e mezzo e per giunta con una capacità riproduttiva inferiore alla media, sulla carta non era un progetto vincente”.
“La partnership con Farm4trade è solo uno dei tanti passi fatti per stare al passo con i tempi senza rinunciare alla tradizione”
Invece il tempo sembra aver dato ragione alla BioAgrimar. Era il 2011 quando 40 capi di suino nero, selezionati grazie ad un progetto di mappatura genetica promosso dall’Alsia, sono stati reintrodotti nei boschi di Cancellara (Pz) e lasciati liberi di crescere e riprodursi. Oggi sono 450. Man mano, i fondatori della BioAgrimar, hanno trasformato in insaccati solo i capi in esubero, quelli, cioè, che avrebbero intaccato l’equilibrio dell’ecosistema. “Sono stati 12 anni di intenso lavoro e sinergie – continua Vincenzo Marottoli – La partnership con Farm4trade è solo uno dei tanti passi fatti per stare al passo con i tempi senza rinunciare alla tradizione, rispettando natura e ciclo produttivo facendo reddito”.
In effetti, la collaborazione tra la startup lucana e quella abruzzese, premiata nel 2021 dalla call lanciata da Eni Joule “South up!” per sostenere l’innovazione in agricoltura, è l’ultimo anello, in ordine di tempo, di una fitta rete creata per favorire l’economia circolare, tutelare la biodiversità e creare valore aggiunto a un prodotto d’eccellenza. E l’innovazione ha giocato e gioca un ruolo fondamentale in questo rilancio, in cui a beneficiarne non è solo l’ecosistema ma anche il tessuto produttivo dell’entroterra lucano e i consumatori. Oltre alla mappatura genetica, al database digitale creato dalla Farm4trade nel quale sono stati inseriti 12 anni di report e dati raccolti sull’allevamento allo stato brado e che sta rendendo ancora più performante e redditizio il ramo d’azienda che ha puntato sul suino nero con particolare attenzione al benessere dell’animale, gli operatori delle due startup stanno procedendo a inserire dei microchip negli animali. A regime, i dispositivi serviranno a trasmettere dati, analizzarli, selezionare e preservare la razza lucana continuando a ricreare i parametri ideali affinchè gli animali crescano e si riproducano in modo sostenibile e naturale, senza rinunciare al profitto.
“In un archivio digitale abbiamo raccolto i risultati di 10 anni di allevamento”
“Abbiamo previsto di investire – prosegue Vincenzo Marottoli – anche sul visual storytelling: attraverso un qrCode, il consumatore finale potrà visualizzare tutta la storia del prodotto, dalla nascita dei suini, fino alla produzione degli insaccati con informazioni utili anche sull’alimentazione. È vero che vivendo allo stato brado in un ambiente naturale i nostri suini si cibano di ciò che la natura offre, ma è altrettanto vero che a volte integriamo la loro dieta con alcuni prodotti della nostra azienda bio come cereali e sansa ricavata dalla molitura delle nostre olive biologiche, che altrimenti andrebbero sprecati. Inoltre, l’intera filiera è sostenibile visto che tutti i processi di lavorazione del prodotto, dalla macellazione al confezionamento, avvengono in azienda e sono alimentati con energia green ricavata da un impianto fotovoltaico”.
Il suino nero corre veloce anche in rete
Più 70%: è questo l’incremento delle vendite online registrate nel 2022 per gli insaccati e i prodotti derivati dalla lavorazione del suino nero lucano della BioAgrimar. La salsiccia a catena di Cancellara, presidio slow food, tra le 5 specialità esclusive della Basilicata inserita nell’atlante del cibo promosso dal Mibact, realizzata da carni di suino tagliata a punta di coltello e lasciata essiccare per oltre un mese in un microclima particolare capace di conferirle un sapore unico nel suo genere, la fa da padrona. Però anche il prosciutto, il guanciale, il filetto lardellato, il capocollo, la pancetta, il pezzente e la soppressata di suino nero sono andati forte sul web registrando il sold out in queste feste. “Abbiamo prenotazioni dei nostri prodotti da parte di ristoratori, privati e salumerie – afferma Vincenzo Marottoli – fino ad aprile, quando la macellazione e la lavorazione, per forza di cose, dovrà fermarsi. Siamo felici che la qualità del prodotto ricavato dal suino nero lucano sia stata finalmente riconosciuta e apprezzata non solo in Italia ”.
Per quanto l’e-commerce abbia dato una grossa mano alla vendita del prodotto, è anche vero che da solo non basta. “Uno dei punti di forza di BioAgrimar – afferma Vincenzo Marottoli – è il rapporto di fiducia e stima che cerchiamo di stabilire con i clienti. L’innovazione e il commercio online sono sicuramente stati strumenti utile però da soli non bastano. Per questo motivo ho deciso, circa un anno fa, di aprire a Milano – la città in cui ho studiato – Materia, una pizzeria in cui le pietanze inserite nel menù sono rigorosamente realizzate con prodotti biologici della Bioagrimar, dall’olio al vino, passando per gli insaccati ecc… È proprio tra i tavoli di Materia che molti clienti hanno imparato ad apprezzare la salsiccia di Cancellara e gli altri insaccati ricavati dal suino nero e deciso, poi, di acquistarli su internet. Il successo che sta avendo la salsiccia a catena di Cancellara mi ha spinto, insieme ad altri produttori del borgo lucano, a creare un consorzio che, puntando su questa peculiarità culinaria e sull’innovazione, faccia da volano allo sviluppo dell’intera cittadina”.
“Tanto conta il rapporto di stima e fiducia che cerchiamo di costruire con i nostri clienti”
La Ue punta su tutela della biodiversità e innovazione
L’allevamento allo stato brado quindi può essere redditizio, soprattutto se in sinergia con l’innovazione. BioAgrimar è solo un esempio. Sono diversi gli imprenditori agricoli che negli ultimi anni hanno investito sull’allevamento 4.0 sostenibile e circolare. Un gito d’affari che, secondo le stime, sfiora il miliardo di euro nel nostro paese. Gli allevamenti intensivi di suini e non solo, quindi, non sono l’unica strada percorribile. Non solo perché poco sostenibili e spesso poco attenti al benessere animale, ma anche perché sacrificano, nel nome della produttività, la biodiversità.
Secondo i dati diffusi dalla Fao, infatti, gli allevamenti intensivi sono responsabili del 15% del totale delle emissioni di gas dannosi, a cui bisogna aggiungere i fitofarmaci rilasciati nell’aria per aumentare la produzione di mangime, l’ingente consumo di acqua e il consumo del suolo coltivabile sottratto alle foreste per sopperire alla crescente domanda di prodotti alimentari. Inoltre, per specie animali sfruttate a dismisura, centinaia, invece, rischiano di scomparire perché considerate poco redditizie. Ma questa tendenza potrebbe essere invertita. Almeno stando alle politiche promosse dalla Ue. Il 40 % del bilancio della Nuova Pac (Politica agricola Comune) 2023-27, infatti, è destinato alla tutela della biodiversità e alla promozione dell’innovazione in agricoltura. Questi infatti sono due dei dieci obiettivi base su cui i paesi Ue elaboreranno i loro piani strategici per il futuro dell’agricoltura. Senza dimenticare i programmi europei Farm to Fork e Green New Deal tesi, entro il 2030 a frenare il consumo di suolo e aumentare la produzione agricola bio, circolare e sostenibile. Un’altra strada, altrettanto redditizia, quindi è possibile.