Il professore, autore di diversi bestseller che dall’America hanno conquistato il mondo intero, sarà ospite del World Business Forum di Milano. Nel longform della domenica su Startupitalia indica quegli strumenti per affrontare al meglio l’incertezza
Ognuno ha la sua storia, il suo passato e il suo presente. Chi non è mai stato incerto? La risposta è senza dubbio “nessuno”. L’incertezza viene spesso vissuta come qualcosa di negativo quando, invece, potrebbe non esserlo. Nathan Furr, professore, imprenditore e scrittore, sarà uno degli ospiti della prossima edizione del World Business Forum “The Age of Ideas” che si terrà l’8 e il 9 novembre presso l’Allianz MiCo di Milano Congressi. Nel suo libro “The Upside of Uncertainty: A Guide to Finding Possibility in the Unknown” e di cui è coautore con Susannah Harmon Furr, tratta il tema dell’incertezza come un’opportunità; il cambiamento come una possibilità di creazione, trasformazione e innovazione. Anche nel campo dell’imprenditoria e dell’economia, verso il concetto di “transitorietà” – letteralmente “la capacità di saltare attraverso”, di abbracciare il cambiamento.
Abbiamo approfondito con lui alcuni di questi aspetti in una lunga intervista rilasciata a StartupItalia.
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Professore, di cosa parlerà al World Business Forum?
Parlerò del libro che ho scritto, “The Upside of Uncertainty: A Guide to Finding Possibility in the Unknown”. Viviamo in un mondo di incertezze e cambiamento e la vera domanda che spesso ci poniamo è come navigarlo al meglio delle possibilità che ci offre. Questa domanda è fonte di stress e di pensieri. Ho intervistato innovatori, creator e imprenditori per più di venti anni e ho osservato qualcosa di molto semplice: per creare qualcosa di grande, di bello, di successo tutti i grandi innovatori e imprenditori sono passati attraverso l’incertezza, verso qualcosa che non si conosce. L’incertezza e la possibilità viaggiano sulla stessa linea d’onda. Come abbiamo ben appreso dall’esperienza della pandemia, l’incertezza spesso è qualcosa che capita, che non dipende dalle nostre decisioni e dobbiamo gestire al meglio, provando a orientarci nel mare delle varie opzioni. Da questo viaggio, che ho iniziato più di venti anni fa, molto prima della pandemia, è nata la domanda su quali siano gli strumenti adatti per superare la fase dell’incertezza al meglio.
“L’incertezza spesso è qualcosa che capita, che non dipende dalle nostre decisioni e dobbiamo gestire al meglio, provando a orientarci nel mare delle varie opzioni”
Quali sono gli strumenti da mettere in campo per non farsi sopraffare dal pessimismo nella fase dell’incertezza?
Si passa attraverso quattro categorie: il “reframe”, cambiando la prospettiva e guardando in modo creativo tutte le possibilità, credendo a un vantaggio che ancora non lo si può vedere; il “prime”, prepararsi mappando la propria situazione creando un profilo di rischio personale, aggiungendo equilibrio attraverso routine che porta conforto e lavorando a un portafoglio di progetti a cui tieni; il “do – take action”, sbloccando le possibilità gratificanti nascoste nelle incertezze che affronti, facendo piccoli passi, lavorando in base ai tuoi valori e affinando la “flessibilità cognitiva”; il “sostegno” ricordando a te stesso come andare avanti, o come fare fronte alle evenienze quando le cose non vanno come pianificato.
Come un imprenditore può applicare al meglio questi tools?
Leader e imprenditori dovrebbero prendere spunto da queste quattro categorie per dare modo all’intero team di affrontare la fase dell’incertezza al meglio. Durante il World Business Forum proporrò anche alcuni esercizi per allenare questi strumenti. In generale, posso dire che l’incertezza e la possibilità sono due facce della stessa medaglia. L’imprenditore deve avere l’abilità di vedere la possibilità nell’incertezza. Nella seconda fase della preparazione quello che consiglio è di aprirsi a più possibilità e non focalizzarsi soltanto su un’idea precisa. Nella terza fase, quella dell’azione, dalle mie ricerche è emerso che non si deve subito pensare a fare tantissime cose assieme ma, passo dopo passo, provare una soluzione e, se non va, provarne un’altra. Sperimentare per passare poi a una nuova fase. Pensiamo, ad esempio, alla preparazione di un piatto: lo chef non mette tutte le vivande assieme ma inizia tagliando le carote, poi la carne. Credo che uno dei più grandi driver dell’innovazione sia quello di ricombinare le idee.
“Credo che uno dei più grandi driver dell’innovazione sia quello di ricombinare le idee”
Cosa pensa dell’ecosistema italiano dell’innovazione?
Io vivo a Parigi e quello che posso dire, in generale, dell’ecosistema europeo è che conta molto sul supporto da parte delle istituzioni. La tecnologia abbatte le barriere. Abbiamo bisogno di persone che vedano le opportunità e le sappiano cogliere se si vuole creare una forte economia. Quello che penso dell’Italia è che debba rafforzare l’ecosistema, fatto dalla cooperazione delle istituzioni con gli innovatori, gli imprenditori, le Università e i fondi di investimento. Molte grandi aziende che hanno sede in Italia in realtà sono guidate da stranieri. Io ho vissuto per diversi anni negli USA, quando di startup ce ne erano poche, ma il sistema pensava a far nascere un terreno solido per la costruzione di un forte ecosistema, a partire proprio dalle istituzioni, e ora ci sono tanti unicorni. Un ecosistema può sempre migliorare.