Fondata nel 2020 da Fabio Sbianchi, la realtà è focalizzata sulla protezione dell’individuo dai rischi derivanti dall’innovazione tecnologica e dal progresso scientifico. Abbiamo intervistato la Ceo, Maria Enrica Angelone
“Dove c’è una porta di ingresso, qualcuno può entrare”. Vale nella realtà, vale anche nel Web e, in particolare, nel mondo IoT. È il monito, ma anche il motto, della CEO di Wallife, Maria Enrica Angelone; motto che aiuta a comprendere l’ambito in cui opera questa nuova startup nel campo dell’insurtech.
Come funziona Wallife
Fondata nel 2020 da Fabio Sbianchi, già fondatore di Octo Telematics, Wallife ha al proprio attivo un round da 4 milioni di euro e punta per quest’anno a un nuovo aumento di capitale. Il minimo comune denominatore dell’attività di Wallife è la tecnologia, dato che la startup non si limita a proporre prodotti a tutela di danni derivati dalle ultime frontiere della scienza e della tecnica ma intende fornire ai propri clienti una serie di microservizi aggiuntivi che permettano di vivere il proprio rapporto con le nuove tecnologie in modo più consapevole e attento.
Genetica, biometrica e bio hackeraggi
I settori coperti da Wallife paiono la sceneggiatura di una nuova stagione di Black Mirror: rischi derivati dalle innovazioni in ambito genetico (conservazione di materiale biologico e identità genetica), i potenziali pericoli relativi ai dati biometrici (impronte digitali, riconoscimento facciale) e le insidie del biohacking (uso delle tecnologie all’interno del corpo umano, quali protesi e dispositivi medici impiantabili). “Finché non sai che esiste il rischio – spiega a StartupItalia sempre Maria Enrica Angelone – non ti copri e, quando infine lo conosci, potrebbe essere troppo tardi e troppo costoso”.
Quali sono i rischi che corriamo con le nuove tecnologie?
Di fatto Wallife si ripromette di intervenire in ambiti ancora scoperti dalle assicurazioni tradizionali, come appunto la violazione di una app apparentemente blindata dal riconoscimento facciale o, nel prossimo futuro, l’hackeraggio di protesi. “Abbiamo motivo di ritenere – spiega l’Ad della startup – che molto presto scenari oggi anche solo difficilmente ipotizzabili” se non in film e romanzi, “come la minaccia di hacker che si introducono in protesi collegate alla Rete a scopo d’estorsione, sarà molto concreta”.
Più che fantascienza, sono convinzioni che nascono dalla raccolta di dati e dallo studio delle vulnerabilità delle nuove tecnologie: “Tecnologia e ricerca scientifica – ragiona Maria Enrica Angelone – stanno accelerando così tanto che spesso non si ha la possibilità di riflettere sui rischi. Inizialmente, la nostra idea era fondare un osservatorio con esperti di vari settori che monitorasse questo mondo e stilasse report e approfondimenti per le assicurazioni, dopo però abbiamo deciso di diventare noi stessi attori d questo comparto, ancora sostanzialmente ignorato, ma il team di ricerca sui rischi, composto per esempio da genetisti ed esperti di frodi biometriche, è rimasto e ha il compito di aiutarci a stilare il primo database con statistiche e dati basati sull’osservazione dell’esperienza, così da elaborare modelli predittivi utili poi alla vendita di polizze”. I primi prodotti saranno lanciati a breve e allora, vista la loro portata, sembrerà di avere messo un piede nel futuro. Ma prima di fare il primo passo sarà forse meglio assicurarsi.