Da uno scarto hanno ottenuto un materiale che può essere utile per la stessa salute umana, riducendo l’impatto di un rifiuto sull’ambiente. Ecco l’economia circolare che, attraverso le biotecnologie, parte dalla ricerca e fa bene a tutto il pianeta
Ricerca, economia circolare e spinta a migliorare prodotti già in uso per renderli più etici e rispettosi dell’ambiente. Sono questi gli ingredienti che hanno portato alla nascita di Kerline, uno spin – off del Dipartimento di Scienze Chimiche e Tecnologie dei Materiali del CNR di Bologna.
Creata grazie all’unione delle passioni di tre ricercatori, che hanno saputo accorpare le rispettive competenze e trarne frutto, Kerline produce una proteina importante per applicazioni cosmetiche e farmaceutiche partendo da materiale di scarto.
Infatti, i tre fondatori di Kerline – Annalisa Aluigi, Giovanna Sotgiu e Roberto Zamboni – hanno messo a punto un sistema di estrazione della cheratina, una proteina presente nella nostra pelle, nelle unghie e nei capelli, a partire dagli scarti della lana da pecora.
Giovanna Sotgiu, ricercatrice dell’Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività (CNR-ISOF), ha partecipato all’evento conclusivo del progetto “Biotech, il futuro migliore – Per la nostra salute, per il nostro ambiente, per l’Italia” – promosso da Assobiotec Federchimica con il supporto di StartupItalia – nella parte dal titolo “Innovare per salvare il pianeta e noi stessi”. L’abbiamo intervistata insieme agli altri due fondatori di Kerline per conoscere meglio questa startup innovativa.
La ricerca a vantaggio dell’economia circolare
“Mentre i miei genitori avevano nelle Marche un’azienda per la filatura della lana pregiata, io mi sono appassionata alla lana grezza. Quest’ultima, di solito, viene scartata perché proviene da allevamenti rivolti alla produzione di latte per l’industria casearia”, racconta Annalisa Aluigi.
L’idea di ridurre lo scarto di lana grezza nasce in seguito all’attività di ricerca. Durante il suo dottorato di ricerca, infatti, Aluigi cerca di mettere a punto un metodo di estrazione della cheratina, che è uno dei principali componenti chimici della lana.
“Il processo messo a punto consente di estrarre la cheratina senza degradarla, lasciando integra la sua struttura polimerica. In seguito, ho testato diversi processi di estrazione per poter sfruttare la cheratina per applicazioni differenti”.
Da questi studi è emersa la possibilità di produrre filamenti di cheratina per il settore tessile fino a creare tessuti speciali, come quelli dei filtri per la depurazione delle acque. Infatti, la cheratina si è dimostrata assorbire sostanze attive presenti nell’acqua come sostanze organiche tossiche e metalli pesanti.
Finché non è arrivata l’idea di applicarla al settore biomedicale, data la sua perfetta compatibilità con i nostri tessuti. “ Tramite l’elettrofilatura ho trasformato la proteina in una membrana costituita da nanofilamenti e con una struttura molto simile al tessuto connettivo che sostiene e rigenera la pelle”.
Migliorare i prodotti cosmetici e farmaceutici
A portare altre idee arriva l’incontro con Giovanna Sotgiu che si occupava di realizzare nanoparticelle a base di PMMA per il rilascio controllato di farmaci anti-tumorali, un materiale che prende origine dai combustibili fossili.
“Abbiamo iniziato a collaborare con l’obiettivo di sostituire i polimeri sintetici con la cheratina. La proteina ha un comportamento polimerico, ma è anche presente nel nostro corpo. Quindi è biodegradabile e riassorbibile dall’organismo”, spiega Sotgiu. “Con la cheratina abbiamo colmato la distanza che c’era tra la ricerca innovativa e l’assenza sul mercato di un prodotto altrettanto valido”.
“Lo studio condiviso con Giovanna mi ha permesso anche di aggiungere proprietà di rilascio controllato anche alle membrane ottenute con elettrofilatura. Abbiamo arricchito le matrici di cheratina con principi attivi che contrastano l’infiammazione o hanno proprietà antibiotiche, antidolorifiche o riparative”, aggiunge Aluigi. In questo modo, le membrane funzionalizzate si sono trasformate in dispositivi biomedicali in grado d favorire la guarigione attiva della cute.
È merito di questi studi se oggi Kerline può proporre sistemi di nanofibre o nanoparticelle in grado di inglobare principi attivi e di rilasciarli in modo controllato a seconda dell’esigenza.
Oggi Kerline produce cerotti cutanei o transdermici funzionalizzati con diverse sostanze. Invece, la ricerca sulle nanoparticelle permette di proporre nuovi vettori che possono sostituire le microplastiche attualmente utilizzate a tale scopo in farmaci e cosmetici.
“Dato l’interesse che abbiamo suscitato, abbiamo depositato brevetti e abbiamo studiato il modo per produrre su larga scala il nuovo biopolimero che non era presente sul mercato”.
Il trasferimento tecnologico
La storia di Kerline è legata a doppio filo con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Anche Roberto Zamboni ha lavorato per lungo tempo all’interno del CNR, passando dai polimeri conduttori per transistor organici alla seta, da cui estrarre una proteina utile all’optoelettronica e ai transistor.
Zamboni vede nascere Kerline mentre è direttore del dell’Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività del CNR a Bologna: “uno dei compiti del CNR è contribuire al benessere del Paese. Per mettere in pratica questo obiettivo, abbiamo sempre cercato di portare sul mercato gli sviluppi della ricerca”.
Zamboni crede così tanto a questa mission del CNR che 12 anni fa attiva, su mandato del Presidente del CNR e con la Regione Emilia Romagna, uno dei primi tecnopoli CNR, l’AMBIMAT. “È stato un modello e un esperimento molto ben riuscito di partnership tra pubblico e privato”, commenta Zamboni. “Oggi è un acceleratore di innovazione, che non ha mai smesso di credere nell’obiettivo di contribuire al fatto che le idee della ricerca finiscano sul mercato. Le condizioni di contorno sono importantissime perché il passaggio possa avvenire. Un sistema come quello del tecnopolo AMBIMAT andrebbe generalizzato a tutte le realtà della ricerca italiana”.
Le visioni per il futuro
Per Kerline, in questo momento, la parola d’ordine è “consolidare”. “Siamo molto prolifici con le nuove applicazioni, ma siamo consapevoli che è necessario consolidare ciò che già sappiamo realizzare bene”, dice Aluigi.
E Zamboni aggiunge “Servirà l’innesto di altri soggetti e altri partner finanziari che stiamo ancora esplorando. E poi gli altri soggetti da coinvolgere saranno nuovi collaboratori. Sogno un’economia della conoscenza, in cui il produttore di manufatti del futuro avrà un PhD in tasca”.
Sull’apertura di Kerline alla formazione torna anche Giovanna Sotgiu “Vorrei poter proseguire il lavoro di formazione che facciamo al CNR anche in azienda. Gli studenti sono capaci di fare innovazione e sarebbe bello formarli per poi assumerli: dà tanta soddisfazione”.
E poi nei tre fondatori di Kerline resta l’ambizione di ampliare l’applicazione dei principi dell’economia circolare. “Vorrei valorizzare altri rifiuti cheratinosi: le setole di bovino, gli scarti del macello, le piume del pollame, le setole di maiale”, dice Aluigi.
Ma tutta la ricerca della trasformazione di questi prodotti ha un obiettivo molto più grande: quello di vedere l’esempio della sostenibilità del processo applicato anche al prodotto finito.
“La cheratina che proponiamo ora al biomedicale e alla cosmetica non è solo un materiale bioattivo che può apportare benefici per la cura della persona. È anche un materiale che può sostituire materie prime di derivazione fossile. Vedere la realizzazione di prodotti cosmetici, che ora sono ricchi di microplastiche, con la cheratina che produciamo è applicare un modello di sostenibilità totale, che arriva fino al prodotto finito. E lo stesso vale per i cerotti che sono bio-riassorbibili o lavabili”.
Zamboni rafforza le parole di Aluigi concludendo: “Ci interfacciamo con realtà che hanno già una filiera di distribuzione precisa, ma che rispecchiano l’intelligenza dell’imprenditoria che innova con tanto entusiasmo un prodotto per renderlo più etico. E lo fa appellandosi all’economia circolare. Questo per noi è uno stimolo meraviglioso, etico e formativo. Ci mostra un’industria che si muove su certi valori e che è sana. E dall’altra parte tocchiamo con mano una scienza che è fondamentale per la vita di tutti”.