Durissimi gli artigiani: “Spenderemo un botto, ricompenseremo soprattutto i più abbienti riducendo in minima parte i pagamenti in nero”
Nuove critiche piovono sul Cashback, la misura voluta dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che si è impegnato in prima persona e a più riprese per reclamizzarla, volta a contrastare l’evasione fiscale, incentivare gli italiani all’uso dei pagamenti tracciabili e spingere i consumi dopo l’incredibile bordata assestata all’economia dalla pandemia. Ma questa volta le continue defaillances dell’App IO, il portale della Pubblica Amministrazione che perseguita a funzionare a singhiozzo, non c’entrano. L’attacco è sferrato dal Centro studi della CGIA di Mestre.
Perché gli artigiani criticano il Cashback
“Nei prossimi 2 anni – ha detto il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo – le risorse necessarie per finanziare il cashback ammonteranno a 4,7 miliardi di euro. Una spesa smisurata che tutti gli italiani saranno chiamati a pagare per incentivare l’utilizzo della moneta elettronica, concorrendo così alla riduzione dei pagamenti in nero effettuati con il contante. Nella pratica – continua Zabeo -, sarà un provvedimento che favorirà soprattutto coloro che possiedono una elevata capacità di spesa. Persone che, secondo le statistiche, vivono nelle grandi aree urbane del Nord, dispongono di una condizione professionale e un livello di istruzione medio-alto. Insomma, una misura a vantaggio dei ricchi, ma pagata con i soldi di tutti. Un modo veramente molto singolare di combattere l’evasione fiscale”.
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“E’ vero, sottolineano dalla CGIA, che dal 2021 la restituzione dei soldi sul conto corrente avverrà fino alla soglia del 10 per cento della spesa sostenuta con almeno 50 operazioni effettuate entro un tetto di 1.500 euro ogni sei mesi (quindi 300 euro al massimo di ristoro per ogni anno). Ma sempre dal prossimo 1 gennaio e senza alcun importo minimo di spesa, i primi 100 mila partecipanti che in ogni semestre totalizzeranno il maggior numero di transazioni valide, riceveranno addirittura un super cashback di 1.500 euro. A conferma che il cashback andrà a vantaggio dei più abbienti, l’Ufficio studi della CGIA si è avvalso dei dati messi a disposizione dall’Istat1 per l’anno 2019. Le differenze emerse a livello territoriale sono evidentissime: se a Nordovest la spesa media è stata di 2.810 euro al mese, nel Sud ha toccato i 2.067 euro (un gap di 743 euro pari ad una variazione del 26 per cento). “Nello specifico, se compariamo la spesa della regione più elevata con quella che ha speso meno, risulta che nella provincia autonoma di Bolzano è stata di 3.517 euro, in Puglia di soli 1.996 euro”.
“Anche se analizziamo la predisposizione agli acquisti per titolo di studio emergono grosse differenze tra soggetti con livelli di istruzione alti rispetto agli altri. Un capofamiglia laureato, l’anno scorso ha speso mediamente per gli acquisti mensili 3.587 euro, un diplomato 2.835, una persona con la licenza media 2.349 e con la sola licenza elementare 1.678 euro. E’ altrettanto evidente il divario di spesa per i consumi presente in Italia anche in base alla condizione professionale della persona di riferimento. Se, infatti, il capofamiglia è un imprenditore o un libero professionista, la spesa media è pari a 3.918 euro, scende a 2.354 euro se è un pensionato e addirittura a 2.321 euro se è un operaio”. Quindi, concludono dalla CGIA: “spenderemo un botto, ricompenseremo soprattutto i più abbienti riducendo in minima parte i pagamenti in nero”.
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Cosa non ci convince dell’analisi della CGIA
Sorvolando su termini desueti come “capo famiglia”, usati nel rapporto dalla CGIA e che rimandano alle norme del codice civile fascista e certo non sono i più idonei a illustrare i mutamenti della società avvenuti nell’ultimo secolo, la critica della CGIA è molto forte e dovrà essere tenuta in considerazione dall’esecutivo. Tuttavia, è innegabile che, a fronte di una spesa di soli 100 euro, cifra a portata di tutti i ceti, sia comunque un bel risparmio poter contare sul cashback di 10 euro. Non solo: in rapporto al potere di spesa, è più significativo per chi ha uno stipendio basso un risparmio di 10 euro su una spesa di 100 rispetto al risparmio di 150 euro per ché ha la possibilità di spenderne 1.500. In più, non dimentichiamo, per onestà intellettuale, che il Centro studi è comunque espressione degli interessi della categoria degli artigiani tacciati, proprio dal governo, di essere tra coloro che incontrano più resistenza nell’adozione del POS e talvolta pure nel rilascio dello scontrino fiscale, perciò tali critiche potrebbero anche avere ben altre origini.