Crolla sotto il 40% il tasso di occupazione giovanile. Il divieto di licenziare non basta: resta a casa chi ha un contratto in scadenza. Aumentano anche le disparità di genere e tra Nord e Sud
Il bizzarro modo di quantificare i disoccupati adottato dall’ISTAT non consente di cogliere appieno la gravità della situazione. La decisione infatti di scorporare gli inattivi (coloro che non cercano nemmeno il lavoro) dal totale dei disoccupati tende infatti a ridurre il numero complessivo. Ecco allora perché può essere più utile fare un ragionamento speculare e controllare quanti sono gli occupati nelle fasce giovanili. Si scopre così che il Coronavirus ha lasciato segni molto importanti nel mercato del lavoro italiano, compromettendo una situazione già asfittica e priva di sbocchi.
© Ministero della Salute
I numeri dell’ISTAT
“Nella media del secondo trimestre 2020 – si legge nel consueto bollettino ISTAT – le dinamiche del mercato del lavoro risentono, ancor più che nello scorso trimestre, delle notevoli perturbazioni indotte dall’emergenza sanitaria”. L’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, registra una forte diminuzione rispetto sia al trimestre precedente (-13,1%) sia allo stesso periodo del 2019 (-20,0%). “Tali andamenti risultano coerenti con la fase di eccezionale caduta dell’attività economica, con una flessione del Pil nell’ultimo trimestre pari al 12,8% in termini congiunturali”.
Dal lato dell’offerta di lavoro, nel secondo trimestre del 2020 “il numero di persone occupate subisce un ampio calo in termini congiunturali (-470 mila, -2,0%), dovuto soprattutto alla diminuzione dei dipendenti a termine e degli indipendenti”. Questo dato è molto importante ed è spia di quanto sta accadendo all’ombra del divieto imposto dal governo di licenziare: a perdere il lavoro è chi ha il contratto in scadenza. Perciò, quando tale divieto verrà meno si rischia di assistere a dinamiche dirompenti e forse persino inedite.
Il tasso di occupazione scende al 57,6%, in calo di 1,2 punti rispetto al primo trimestre 2020; i giovani di 15-34 anni presentano la diminuzione più marcata (-2,2 punti). Nei dati provvisori di luglio 2020, al netto della stagionalità e dopo quattro mesi di flessione, il numero di occupati torna a crescere (+85 mila, +0,4%) rispetto a giugno 2020 e il tasso di occupazione risale al 57,8% (+0,2 punti in un mese), misurando una positiva reazione del mercato del lavoro alla ripresa dei livelli di attività economica. Rispetto al secondo trimestre 2019, il numero di occupati scende di 841 mila unità (-3,6% in un anno): calano soprattutto i dipendenti a termine (-677 mila, -21,6%) e continuano a diminuire gli indipendenti (-219 mila, -4,1%) a fronte di un lieve aumento dei dipendenti a tempo indeterminato.
© Viminale
Il calo occupazionale interessa sia gli occupati a tempo pieno sia quelli a tempo parziale, per i quali nel 63,9% dei casi il part time è involontario. Diminuiscono, inoltre, gli occupati che hanno lavorato per almeno 36 ore a settimana (50,6%, -13,8 punti), a seguito delle assenze dal lavoro e della riduzione dell’orario dovute all’emergenza sanitaria. Nel confronto annuo, prosegue con maggiore intensità la riduzione del numero di persone in cerca di occupazione (-647 mila in un anno, -25,4%). Si accentua, inoltre, l’aumento del numero di inattivi di 15-64 anni (1 milione 310 mila in più in un anno, +10,0%), già osservato nel trimestre precedente. Il tasso di disoccupazione è in diminuzione rispetto sia al trimestre precedente sia allo stesso trimestre del 2019 e si associa all’aumento – congiunturale e tendenziale – del tasso di inattività delle persone con 15-64 anni. I dati provvisori del mese di luglio 2020 indicano tuttavia la ripresa del tasso di disoccupazione e il calo di quello di inattività.
Leggi anche: Il 90% dei manager presenti all’Ambrosetti vuole il MES
Dal lato delle imprese, il calo della domanda di lavoro si registra in termini sia congiunturali sia tendenziali, con una diminuzione delle posizioni lavorative dipendenti del 3,9% rispetto al trimestre precedente e del 4,0% su base annua. Tale diminuzione si associa a una marcata riduzione delle ore lavorate per dipendente, pari a -19,1% su base congiunturale e a -26,2% su base annua. Il ricorso alla cassa integrazione registra una variazione positiva di 323,2 ore ogni mille ore lavorate. Il tasso dei posti vacanti aumenta di 0,4 punti percentuali su base congiunturale e diminuisce di 0,5 su base annua. In deciso aumento il costo del lavoro in termini congiunturali (+5,4%) e tendenziali (+6,1%), determinato dalla crescita delle sue componenti: rispetto al trimestre precedente, le retribuzioni crescono del 5,6% e gli oneri sociali del 4,6%; su base annua l’aumento è del 6,3% e del 5,6% rispettivamente.
“Si sottolinea – specifica l’ISTAT – il carattere provvisorio delle stime presentate in questo comunicato – anche per quanto riguarda la coerenza di alcuni indicatori provenienti da fonti diverse – che potranno subire revisioni sulla base di ulteriori analisi e della progressiva estensione e completamento delle informazioni disponibili”.