Il Vecchio continente riaprirà le porte il primo luglio, ma la lista degli ammessi continua a far litigare e sarà decisa poche ore prima…
Come da pronostici, l’Unione europea fatica a trovare una intesa sull’elenco di Stati cui consentire l’accesso a partire dal primo luglio, giorno di apertura delle proprie frontiere esterne. Diversi Paesi membri, coltivando amicizie particolari con nazioni extra-Ue (si pensi al rapporto privilegiato tra alcuni Stati dell’Est e Mosca), stanno infatti insistendo per ottenere delle deroghe. Deroghe che però potrebbero rivelarsi parecchio pericolose considerato che, essendo nuovamente “cadute” le frontiere interne, una volta che un soggetto arriva in Europa da un Paese potenzialmente potrà poi muoversi liberamente per tutto il Vecchio continente all’interno della zona Schengen.
Il parametro per riaprire le frontiere non piace a tutti
Non sembra esserci ancora accordo sul parametro proposto ai Ventisette da Bruxelles, che prevede che si possano aprire le frontiere esterne con Paesi che contino in media meno di 16 nuovi malati ogni 100mila abitanti negli ultimi 14 giorni e abbiano un sistema sanitario ritenuto “sufficiente” secondo i parametri dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Stando a questi criteri, sono 14 le nazioni cui l’Ue potrebbe riaprire le frontiere esterne dal primo di luglio: Algeria, Australia, Canada, Georgia, Giappone, Montenegro, Marocco, Nuova-Zelanda, Ruanda, Serbia, Corea del Sud, Thailandia, Tunisia e Uruguay.
Chi resta fuori dalle frontiere esterne?
Resteranno dunque sicuramente fuori tutti coloro che provengono dal continente americano (Canada escluso): tanto i Paesi del Nord America, quanto quelli dell’America latina, in cui l’emergenza sanitaria continua a macinare infetti e vittime. Nel Sud America nelle ultime 24 ore i contagi sono saliti a 2.474.632 (+53.586) e i morti hanno raggiunto quota 111.934 (+1.477). Pugno di ferro di Bruxelles con Pechino: si deciderà di aprire le frontiere esterne solo se la Cina riaprirà le proprie porte a tutti i ventisette Paesi membri dell’Unione europea e al momento il governo cinese non fa i salti di gioia temendo altri casi di contagi di ritorno.
Le frizioni sugli accessi e le chiusure
Non ci sono solo i Paesi dell’Est che vorrebbero riaprire il prima possibile le porte alla Russia (che continua ad avere difficoltà col Coronavirus: nelle ultime 24 ore si sono registrati 6.719 nuovi casi di Covid-19, che portano il totale dei contagiati dall’inizio dell’epidemia a 641.156 e i decessi 9.166, di cui 93 nel corso dell’ultima giornata). Ci sono anche nazioni che non vogliono perdere l’inizio della stagione turistica, già gravemente compromessa.
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Tra questi anche il nostro. La decisione di escludere taluni Paesi potrebbe costarci cara: secondo l’ISTAT, nel 2018, con una quota sul totale delle presenze di turisti non residenti pari al 27,1%, i tedeschi si sono rivelati i più assidui frequentatori dell’italico Stivale. E fin qui tutto bene perché loro possono già venire in Italia dal 2 giugno scorso. Seguono, però, i turisti provenienti da Stati Uniti, Regno Unito (entrambi sui 6,5 punti percentuali), mentre com’è noto risulta in forte crescita il turismo cinese, aumentato tra il 15 e il 16% nel 2018 e nel 2019, anche se rappresenta ancora solo il 5% delle presenze straniere.
L’Unione europea deciderà all’ultimo minuto
In una situazione simile, soltanto poche ore prima della riapertura delle frontiere esterne sapremo se i Ventisette avranno raggiunto un accordo sull’elenco delle nazioni ammesse o se sarà passata la linea più rigorista, che prevede di rimandare tutto di qualche altra settimana. Una decisione non da poco, considerati i miliardi in gioco per il settore turistico e non solo.