Secondo il capo della Casa Bianca i social network ostacolerebbero la libertà di espressione dei conservatori
La domanda che i più maliziosi possono farsi è: senza Twitter come occuperà il suo tempo il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump? La lite tra Twitter e il Capo della Casa Bianca, di casa sulla piattaforma dove parla a una platea mondiale di oltre 80 milioni di persone, è scoppiata dopo che il social ha etichettato come “informazione da verificare” due suoi cinguettii in merito al rischio di presunta frode del voto elettorale per posta (a novembre, salvo clamorosi eventi, gli americani sceglieranno infatti il nuovo Commander in Chief). Poche ore fa Trump ha postato un tweet di fuoco. «I repubblicani ritengono che le piattaforme di social media mettano a tacere completamente le voci dei conservatori. Le regoleremo con la forza oppure le chiuderemo prima di permettere che questo accada».
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Trump, il Twittatore in capo
Negli ultimi mesi è sempre più marcato l’impegno delle piattaforma social nella lotta contro le fake news. Dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, che ha travolto la reputazione di Facebook e di Mark Zuckerberg, queste multinazionali hanno finalmente ammesso quanto siano decisive nell’orientamento e nella formazione dell’opinione pubblica globale. D’altra parte il presidente degli Stati Uniti Trump ha sempre usato il proprio profilo come plancia di comando, da cui sferrare attacchi agli avversari in barba a qualsiasi galateo istituzionale o senso della diplomazia.
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Republicans feel that Social Media Platforms totally silence conservatives voices. We will strongly regulate, or close them down, before we can ever allow this to happen. We saw what they attempted to do, and failed, in 2016. We can’t let a more sophisticated version of that….
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) May 27, 2020
Le accuse ingiustificate di Trump secondo le quali Twitter e i social media in generale sarebbero censori nei confronti di contenuti di una parte politica non sollevano però questi giganti da gravi responsabilità. Ancora molto c’è da fare perché i social diventino davvero un ambiente sicuro per un ecosistema informativo plurale: è di poche settimane fa la notizia del successo di Plandemic, un video divenuto virale (e cancellato solo giorni dopo la pubblicazione) in cui la controversa ricercatrice Judy Mikovits enunciava una visione complottista della pandemia.