Lo ha indicato il vicepresidente della Commissione Dombrovskis. E dall’Olanda Mark Rutte torna alla carica: “Prestiti, non sovvenzioni, in cambio di riforme”
Per Giuseppe Conte e il suo fragile governo è l’ennesimo ostacolo sulla strada degli aiuti europei. Il Recovery Fund così come lo ha immaginato l’Italia si allontana ancora e non solo perché i quattro falchi europei, i «frugal four» (Olanda, Austria, Danimarca, Svezia), sono intenzionati a dare battaglia all’ipotesi che si sostanzi in finanziamenti a fondo perduto, ma anche perché, sventato il pericolo di un MES senza condizionalità, ora Palazzo Chigi potrebbe ritrovarsi per le mani un Recovery Fund legato a condizioni precise e stringenti, capaci persino di decidere l’agenda delle riforme. E questa volta non lo chiedono (solo) i sovranisti del Nord, ma direttamente Bruxelles.
Giuseppe Conte
Il Recovery Fund secondo il numero 2 della Commissione
Sull’uso delle risorse del Recovery Fund “ci sarà un chiaro legame con le riforme, avrà diversi pilastri, finanzieremo pacchetti di riforme e investimenti degli Stati membri con il semestre europeo e le raccomandazioni che fungeranno da guida nel preparare i piani nazionali di ripresa” dell’economia. Lo ha indicato il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis.
Valdis Dombrovskis
L’Olanda torna all’attacco
Un assist ormai insperato ai falchi del Nord Europa che da tempo ricevevano solo bacchettate da Bruxelles per il loro eccesso di zelo. E così a stretto giro torna a farsi sentire il premier olandese Mark Rutte: “Se si richiede un aiuto, è necessario attuare riforme di vasta portata in modo da poter essere autosufficienti la prossima volta”.
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e il primo ministro Mark Rutte
Rutte torna anche su un concetto che aveva già espresso il suo ministro delle Finanze, Wopke Hoekstra, in piena pandemia, quando aveva chiesto alla Commissione una inchiesta per capire che fine avessero fatto i soldi dei Paesi mediterranei impotenti di fronte al Coronavirus: “Bisognerebbe capire – dice oggi il primo ministro olandese – perché alcune nazioni non riescono a investire abbastanza nelle loro economie come facciamo noi”. Ma ovviamente Rutte evita di ricordare che l’Olanda fa affari d’oro grazie al dumping fiscale e a una politica sulle tassazioni al limite del corsaro, o che il suo Stato, così come l’Austria, la Danimarca e la Svezia sono nanerottoli rispetto alle grandi economie mediterranee, oggi in crisi per il Covid-19.
Il primo ministro olandese Mark Rutte e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea
Rutte ha poi sottolineato che i 4 Stati insisteranno perché i Paesi che beneficeranno del nuovo fondo per la ripresa dell’economia diano maggiori garanzie in relazione all’adozione di riforme e sosterranno che gli aiuti debbano consistere in prestiti e non in sovvenzioni. E, almeno sul fatto che i soldi verranno scambiati con riforme, a quanto pare, c’è già piena intesa con Bruxelles.
L’occasione buona per il nostro Paese di mettere in cantiere quella rivoluzione sul fronte della giustizia, della pubblica amministrazione e del lavoro che attende da trent’anni e che nessun governo aveva mai voluto attuare preferendo interventi spot che dessero subito risultati a favore di elezioni. Ma anche una decisa diminuzione della sovranità, con il governo italiano che sarebbe costretto a ratificare una agenda scritta altrove, fatto che tirerà la volata ai sovranisti e potrebbe indebolire ulteriormente l’attuale esecutivo. Una beffa per il premier Conte, che ha ottenuto un MES senza condizioni ma parte della sua maggioranza non lo vuole usare e rischia ora di ottenere un Recovery Fund con vincoli ben precisi cui non si potrà dire di no, perché abbiamo bisogno di quei soldi.