Gli imprenditori intenzionati ad aprire lunedì sono il 62%, contro un 27% che ha scelto di rimanere chiuso. L’11% deciderà nel fine settimana
Poco più di 1 negozio su 2 tornerà a riaprire il 18 maggio. Lo denuncia Confesercenti che ha affidato a Swg un sondaggio per comprendere con quale umore chi ha una attività si sta preparando a riaprila al pubblico. Ma tra regole oscure, restrizioni oltre il limite del buon senso, igienizzanti, barriere in plexiglass, metrature da rispettare, coperti da sacrificare… non c’è certo l’entusiasmo che avrebbe dovuto caratterizzare la ripresa. Anzi.
Se a questo aggiungiamo che non esiste ancora un testo ufficiale del governo sulle norme che disciplineranno la riapertura degli esercizi pubblici e che ogni Regione adotterà regole proprie, il timore di incappare in sanzioni amministrative o, peggio, nel ritiro della licenza, è davvero alto.
Leggi anche: Approvato nella notte il decreto. Cosa si può fare dal 18 maggio
Qui è possibile scaricare il documento Linee di indirizzo per la riapertura delle Attività Economiche e Produttive. Per esempio, si legge, è stata decisa la possibilità, nei ristoranti, di misurare la febbre ai clienti, l’obbligatorietà di fare indossare le mascherine agli avventori ogni volta che non saranno seduti al tavolo. Divieto di buffet. I tavoli devono essere disposti in modo che le sedute garantiscano il distanziamento interpersonale di almeno 1 metro di separazione tra i clienti. Tale distanza può essere ridotta solo ricorrendo a barriere fisiche. Arretra ancora la privacy: “Negli esercizi che dispongono di posti a sedere privilegiare l’accesso tramite prenotazione, mantenere l’elenco dei soggetti che hanno prenotato, per un periodo di 14 giorni”. Vediamo quindi di capire quali sono le regole per riaprire dal 18 maggio. Una precisazione: Piemonte e Toscana hanno scelto di rimandare di 7 giorni.
Leggi anche: Ristoranti, pub, negozi, bar, spiagge: le regole per riaprire dal 18 maggio
Cosa dice il sondaggio di Confesercenti
“A trattenere le imprese dalla riapertura è soprattutto il timore di lavorare in perdita, ma anche il rebus delle regole di sicurezza e la paura del Coronavirus”. È quanto emerge da un sondaggio condotto da SWG per Confesercenti su un campione di imprenditori del commercio al dettaglio e della somministrazione.
Perché si preferisce restare chiusi
Gli imprenditori intenzionati ad aprire il 18 maggio sono il 62%, contro un 27% che ha invece già deciso di rimanere chiuso. È ancora incerto l’11%, e deciderà durante il fine settimana. Tra chi rimarrà sicuramente chiuso, il 68% indica come motivazione la mancata convenienza dell’apertura. Ma c’è anche un 13% che comunque continua ad avere timori legati alla sicurezza, anche per la lunga incertezza sulla normativa relativa. Un caso emblematico è quello dei mercati: ogni comune sta provvedendo al proprio protocollo, spesso contrastante con gli altri, gettando nell’incertezza gli imprenditori.
La poca chiarezza incide anche per il 13% di operatori che non ha ancora adeguato il locale e/o l’organizzazione del lavoro alle nuove disposizioni. Un compito aggravato dall’onerosità dell’adeguamento, tra sanificazione e DPI per i lavoratori ed i clienti: 8 negozi e pubblici esercizi su 10 certificano di non essere riusciti a procurarsi le mascherine a prezzo calmierato. Cresce, in generale, la paura di non riuscire a superare la fase difficile: il 36% degli imprenditori teme di chiudere l’attività, ed un ulteriore 41% ritiene di essere a rischio in caso di inattesi prolungamenti dell’emergenza. Entrambi i dati sono in crescita, rispettivamente del 4 e del 6%, in confronto alla rilevazione precedente, condotta lo scorso 14 aprile. Quasi tutti (l’82%) sono comunque preoccupati per il futuro.
“Schiacciati tra l’aumento dei costi e il calo dei ricavi”
“Per le imprese la riapertura è una corsa ad ostacoli e contro il tempo. L’accordo di questa notte tra Conferenza Stato-Regioni e Governo apre uno spiraglio importante, forse decisivo per uscire dall’incertezza che ha caratterizzato il tema delle riaperture fino ad oggi”, scrive Confesercenti. “Più di tutti è pesata la previsione di essere costretti a lavorare in condizioni antieconomiche. Gli imprenditori temono l’impatto della rigidità delle linee guida sulle attività, e di rimanere schiacciati tra l’aumento dei costi di gestione e il prevedibile calo dei ricavi. Sono preoccupati, inoltre, anche dal tema delle responsabilità legali. Bisogna cambiare passo: servono linee guida applicabili e aiuti economici diretti alle imprese per sostenerle anche in questa delicata fase della ripartenza”.