In Gazzetta Ufficiale finalmente quanto serve per dare via al nuovo fondo dei fondi. Un aiuto per le PMI e le startup innovative, pensato anche per stimolare il mercato VC
Un percorso iniziato prima dell’inizio dell’anno, con la Legge di Bilancio 2019, e che si è concluso ora con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’atto ministeriale che sancisce la nascita effettiva del Fondo Nazionale Innovazione. Che diviene di fatto un meccanismo di investimento pubblico, ma che opererà salvo casi eccezionali seguendo le regole del mercato: offrendo però un’opportunità in più a startup e PMI, purché siano caratterizzate da quei valori di innovazione che sono specificati nel decreto stesso e che dovrebbero costituire un biglietto da visita per proiettare il nostro Paese sulla ribalta tecnologica.
Il decreto del 27 giugno
Con la pubblicazione in Gazzetta, dicevamo, si conclude un iter durato alcuni mesi ma che ha visto di fatto una razionalizzazione dell’approccio dello Stato nell’investimento su privati. Già nelle Legge di Bilancio erano stati ridefiniti i ruoli di Invitalia e Cdp in questa operazione, e ora si arriva alla definizione finale di questo riassetto. Nel complesso possiamo dire che il Fondo Nazionale Innovazione potrà operare in due modi: o entrando nel capitale di altri fondi di VC, oppure direttamente nel capitale di società purché “con elevato potenziale di sviluppo ed innovative, non quotate in mercati regolamentati, che si trovano nella fase di sperimentazione (seed financing), di costituzione (start-up financing), di avvio dell’attività (early-stage financing) o di sviluppo del prodotto (expansion, scale up financing)”.
Ci sono anche indicazioni su come e quanto lo Stato possa entrare nel capitale: in linea di massima il contributo dei privati che co-investono deve assestarsi su almeno il 30 per cento del totale, ma ci sono anche deroghe specifiche (come indicato dall’articolo 5 del decreto) in cui il contributo dei privati può essere pari al 10, 40 o 60 per cento. Si tratta di circostanze particolari, in particolare quelle che operano “in regime di esenzione” di fatto configurandosi come veri e propri aiuti di stato, consentiti dall’Unione Europea a determinate condizioni. In ogni caso l’investimento pubblico non può superare i 15 milioni di euro.
La dotazione iniziale del FNI è forse leggermente inferiore a quanto ci si attendeva dalle dichiarazioni iniziali, ma resta comunque significativa in relazione alla dimensione del mercato italiano del VC: il totale è di 310 milioni, racimolati grazie alla riconversione di fondi precedentemente destinati alla lotta alla delocalizzazione delle imprese più altri investimenti già previsti proprio per le PMI. A questi si potranno unire successivamente altri fondi, provenienti dagli utili delle società partecipate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF): inizialmente doveva essere il 15 per cento, ora sarà il 10 per cento del totale annuo.
I voucher per l’innovation manager
Nel contempo è arrivato a compimento anche un altro degli annunci fatti a marzo a Torino, e appena rilanciato a Giffoni, ovvero quello del voucher per gli innovation manager: 25 milioni allocati annualmente per questa iniziativa, che prevede un contributo pari al 50 per cento dei costi sostenuti fino a un massimo di 40mila euro nelle PMI, 25mila nelle imprese di medie dimensioni e 80mila nel caso di contratti di rete d’imprese. Tutto a fondo perduto, come spiegato nell’apposito decreto.
L’innovation manager si dovrà occupare di materie quali cloud computing, big data, cybersecurity, industria 4.0, realtà virtuale o aumentata, robotica, IoT, fino ad arrivare a marketing digitale o progetti di open innovation: il decreto delimita dunque i campi a cui sono destinati i finanziamenti, e specifica anche le modalità di accesso all’albo apposito che sarà riservato a chi svolge già questo tipo di lavoro anche sotto forma di consulenza, o in alternativa a figure accademiche (ad esempio dottori di ricerca) di materie specifiche che possono contribuire all’evoluzione tecnologia delle imprese italiane.
Le procedure per la domanda di ammissione all’albo e per la richiesta del contributo sono soggette ad ulteriore decreto nel quale verranno fornite le specifiche per queste operazioni, decreto atteso entro la fine di agosto: ci dovrebbero essere quindi i presupposti per far partire la macchina entro fine 2019. La cifra complessiva stanziata non è altissima (a queste condizioni potrebbero accedere al massimo un migliaio di imprese, su oltre 4 milioni di PMI presenti in Italia), dunque sarà fondamentale essere tempestivi nel presentare la propria candidatura.